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Il significato di una giornata senza camion

Nella foto - Laboratorio Sociale Alessandria

Riceviamo e pubblichiamo un contributo sulla giornata di lotta di sabato in Valverde.

“Oggi, anche se solo per un giorno, la Valverde è stata liberata dai camion restituendola così alla tranquillità che si merita! Avanti così … dagghe notav!!!”

Così, con questa giusta nota di soddisfazione e sollievo, si è conclusa la bella giornata di lotta di sabato 12 dicembre in Valverde. Al grido di “Il Terzo valico provoca dissesto. Mettiamo in sicurezza il territorio”, il centinaio e oltre di persone che si sono avvicendate dalle 7 del mattino alle 5 del pomeriggio in località Campora per bloccare i mezzi destinati ai cantieri dislocati nei pressi di Campomorone e Isoverde (Maglietto e Cravasco) hanno ottenuto ciò che volevano: i cantieri sono rimasti chiusi per l’intera giornata. La giornata ha dimostrato una volta di più che quando la lucidità e la determinazione si accompagnano alla denuncia di verità incontrovertibili (che il Terzo valico sta provocando e aggravando dissesto idrogeologico, come spiegato dal Movimento nella conferenza stampa di pochi giorni prima a Palazzo Ducale), i rapporti di forza si spostano; sabato il Cociv ha scelto di non far transitare i mezzi pesanti che tutti i giorni sfrecciano su quelle strade per i lavori del Terzo Valico; e le poche automobili con qualche operaio a bordo che si sono affacciate in direzione cantieri sono state rispedite indietro.

L’ennesima giornata trascorsa sulla strada (con il comfort di copiose libagioni messe a disposizione da attivisti e simpatizzanti) ha messo in risalto due aspetti importanti.
Innanzitutto un dato strategico fondamentale, di cui far tesoro nell’economia della lotta: presidiando con tranquillità e determinazione un semplice incrocio stradale si è bloccato totalmente il lavoro di più cantieri. La logistica è centrale.
In secondo luogo la composizione dei partecipanti; la presenza mista e proporzionata di abitanti della Valverde e di un buon numero di persone provenienti dalla città di Genova (a cui va aggiunta la costante rappresentanza di attivisti del Basso piemonte), dimostra che sta maturando la consapevolezza della natura più profonda del Terzo valico, ovvero non di un semplice treno che riguarda le valli che attraversa, ma di una grande opera i cui risvolti interessano tutti. L’alta velocità è un progetto di mondo preciso, strategico e fondamentale per gli interessi di Lorsignori, come tra l’altro ci ricorda con drammatica attualità il giudizio che il Tribunale di Torino darà a brevissimo, mercoledì 17 dicembre, sulle richieste di dieci anni di carcere per i quattro Notav imprigionati da un anno con l’accusa di terrorismo per un atto di sabotaggio nei confronti del cantiere del TAV di Chiomonte (Notav per i quali due striscioni campeggiavano al blocco di sabato).

Fermare i lavori nei cantieri per un giorno è stato importante, ma ovviamente non basta.
Erroneamente qualche giornale ha presentato questa giornata di lotta come un atto “simbolico”, quasi volesse essere un atto di testimonianza fine a se stesso. Questa giornata ha rappresentato invece un atto concreto di blocco dei cantieri che si inserisce in un percorso e il cui senso starà nella sua intensificazione. In questo senso l’aver provocato assenza dei mezzi pesanti dalle strade della Valverde per una giornata intera ha avuto un significato non tanto simbolico quanto “evocativo”: quando la normalità diventano camion, lavori inutili, rumori, camionette di polizia e militari, crepe nelle case e frane nella montagna, provocare per un giorno la sospensione di quella normalità si spera che evochi e faccia crescere il desiderio di interromperla definitivamente, di tornare “alla tranquillità che ci si merita” per sempre.

Troppo spesso si dimentica un dato molto importante del Terzo Valico. Non soltanto è la grande opera proporzionalmente più costosa d’Italia (e d’Europa), ma soprattutto è la prima grande opera finanziata per “lotti costruttivi”, il che significa che si finanziano i lavori del primo lotto, si aprono i cantieri, si spendono i soldi e si passa al lotto successivo (per il Terzo valico ne sono stati previsti sei, ma per ora finanziati solo i primi due). Ciò significa che vengono erogati soldi (pubblici) per una porzione di lavori senza la garanzia della copertura finanziaria complessiva, e quindi della realizzazione dell’opera stessa. Si lavora finché ci sono i soldi e poi si vedrà; questa apparente anomalia rappresenta un rilancio spudorato e cinico della logica più intrinseca del capitalismo clientelare e mafioso che oggi spadroneggia, che è quello di fare dei lavori per far girare soldi tra i soliti noti; come a dire che se la Salerno-Reggio Calabria ad oggi è stato considerato il simbolo di un’anomalia, del malaffare, della collusione tra capitale e logiche mafiose, il Terzo valico non portato a termine, in quanto già preventivato, rappresenterà la “normalità”, ovvero l’istituzionalizzazione di quello stesso sistema. Quanto l’Alta Velocità, di cui il Terzo valico è espressione, rappresenti un sistema che non ha nessuna pianificazione razionale, lo conferma la notizia di questi giorni che uno dei suoi fiori all’occhiello, la nuova stazione TAV di Roma Tirburtina, costruita a suon di miliardi e di retorica sulla riqualificazione urbana (ovvero di gentrificazione di una parte di Roma), rimarrà molto probabilmente a breve una cattedrale del deserto urbano.
Che il Terzo valico, per la logica dei “lotti costruttivi”, è stato concepito per una fine simile, se non peggiore (neanche binari sottoutilizzati ma buchi nelle montagne e basta), è tra l’altro implicito nelle accorate preoccupazioni espresse in queste giorni da parte di una testata giornalistica esplicitamente prona al Dio dell’alta velocità sulle recenti vicende dei  finanziamenti dei lotti del Terzo Valico.

E’ evidente che in un quadro del genere, l’unica opera certa, già in opera e che resterà, sarà la devastazione dei territori, il peggioramento della condizione del dissesto idrogeologico di un territorio già martoriato, i miliardi di soldi finiti nelle tasche dei soliti noti.
Alla luce di tutto questo l’immagine rimasta impressa negli occhi degli abitanti della Valverde sabato scorso, ovvero una giornata di liberazione dai camion e dai mezzi pesanti, assume una prospettiva più ampia che va rilanciata da tutti. Se, come è altamente probabile, quei camion smetteranno di circolare all’improvviso, da un giorno all’altro e molto prima che l’opera sia portata a termine, ciò avverrà o perché la logica delirante di questo sistema avrà fatto ennesima dimostrazione di sé e del suo non-senso, o perché la volontà popolare avrà dimostrato, ancor prima di sapersi imporre contro di esso. In questa divaricazione sta il senso di una giornata come quella di sabato e la necessità di moltiplicarle per il proseguo della lotta.