
Pubblichiamo un articolo uscito ieri sulle pagine nazionali de “La Stampa” a firma di Marco Alfieri. Un articolo che parla della crisi ad Alessandria e in Provincia e che si conclude, in maniera stupefacente e un po’ sconclusionata, sulla necessità di corridoi che colleghino Genova al suo “retroporto naturale”. E’ forse iniziata la campagna mediatica per far ingoiare la pillola amara del Tav – Terzo Valico?
La scommessa di domani
è nella rete delle infrastrutture
Stanno aumentando le tasse e si restringe l’assistenza », sibila Silvana Tiberti della Cgil, aggiustandosi gli occhiali. «Qui ad Alessandria abbiamo il caso scandaloso del consorzio Cissaca (serve 7mila utenti e da lavoro a 250 cooperative) che ha un credito di 11 milioni con il comune che non paga ed è sull’orlo del default. Ma il sistema industriale tiene. Forse si enfatizza troppo che va tutto male… ».
Di fronte alla sede Cgil di via Cavour, all’Hemingway Cafè, il viavai tipico del pomeriggio sembra dirci che nell’Italia piegata dalla grande crisi, la dimensione della provincia produttiva un po’ sonnolenta può persino diventare uno schermo. Arrivi ad Alessandria e sul territorio trovi i Gavio (autostrade, costruzioni e logistica), i Cerutti (macchine per la stampa), i Buzzi del cemento, i Damiani dell’oro, i Guala dei tappi, i Ghisolfi della plastica e poi i Paglieri, l’Ilva, laMichelin.Non male per una provincia sospeso tra Milano e Torino, alle prese con enti locali quasi in bancarotta (Alessandria, Tortona e Acqui), l’inquinamento di insediamenti come SpinettaMarengo dove sorgeva l’exMontecatini (ora Solvay Solexis) e un invecchiamento demograficomarcato. Eppure se la crisi morde, «avere gruppi più strutturati del resto della provincia italiana è il nostro vero ammortizzatore sociale», conferma Pier Angelo Taverna, presidente della Fondazione Cassa di risparmio di Alessandria.
Non sarà più il tempo della fabbrica Borsalino in centro, con i suoi 3mila addetti che intasavano il traffico in bicicletta, ma Alessandria viaggia contromano rispetto al capitalismo diffuso del nord Italia, se è vero che l’economia locale continua ad impiegare 205 addetti su 1000 nelle grandi imprese, contro una media regionale di 148. Numeri che pesano sull’export, tornato in provincia al livello pre crisi: +31% nel 2010 e un altro +32,6% nel primo semestre 2011, con la quota destinata ai paesi extra Ue che vale il 40% della bilancia commerciale alessandrina. «Se hai più dimensionalità arrivi anche più lontano», spiegano dall’associazione industriali. La salvezza si chiamamulti specializzazione. Il cemento e la meccanica, l’oreficeria, i cereali in pianura e i vitigni in collina, la plastica-chimica, le costruzioni e poi l’alimentare e dolciario (Bistefani, Elah-Dufour, Campari, Pernigotti, Saiwa, Roquette). Tutte attività caratterizzate da ciclicità differenti. «Finché l’Italia è la seconda fabbrica d’Europa continuerà ad avere un cuore meccanico che batte», proseguono dalla Confindustria.
«Se la catena del freddo nel casalese (vetrine, banchi e distributori di bevande refrigerate) taglia occupazione dentro la più ampia ristrutturazione europea, vicino ci sono i cementieri che tengono, al pari dell’agroalimentare intorno a Novi». Tiene anche il polo del leisure intorno al Serravalle Outlet, il primo ad aprire in Italia 12 anni fa, che da lavoro a 1.200 persone del comprensorio. Più polarizzata Valenza.Nella terra di Damiani si produce alta gioielleria come da nessun’altra parte al mondo. «Ancora nel 2000 si lavoravano 500 tonnellate d’oro, oggi solo 150», racconta Germano Buzzi, ad di Expo Piemonte. Sono cambiati i gusti: se prima per battesimi e cresime regalavano catenine o ciondoli, oggi moltomeno. Soprattutto sono arrivati i produttori cinesi. «Per la prima volta tra i 5mila addetti del distretto si sta facendo cassa per tamponare lamorìa di imprese (in 10 anni calate da 1800 a 1300)». In realtà Valenza è tutt’altro che moribonda. «I grandi marchi continuano ad acquistare da noi – continua Franco Fracchia, responsabile di Valenza Expo Events – Bulgari ha rilevato una fabbrica da 350 addetti, la Crova ».
E l’export ha ripreso a correre (+51% nel 2010 e un altro +26% nel 2011), anche se i dati sono falsati dal forte aumento del prezzo dell’oro. Sergio Guberti e il suo socio in 30 anni di attività hanno attraversato tutta l’epopea del distretto. La loro Cgs, ex laboratorio orafo diventato una media azienda da 70 addetti, fornisce il gruppo Damiani per un buon 50% del fatturato (15 milioni). «Ci siamo salvati – spiegano – perché abbiamo sempre lasciato gli utili in azienda e investito in tecnologia». Fuori dall’elegante palazzina/gioielleria di corso Garibaldi, molti altri hanno fatto le cicale e oggi saltano come tappi. «Nel 2009 c’è stato un forte dimagrimento – prosegue Tiberti – la crisi ha riconfigurato, assestandolo al basso, il sistema produttivo ».
Anche nell’alessandrino cresce l’emergenza lavoro: 47mila addetti coinvolti tra disoccupazione (30mila), mobilità (4.450), cassa in deroga e ordinaria. «Asoffrire di più è il piccolo indotto edilizio e della meccanica e l’autotrasporto nel tortonese», si sgola Marco Bologna, segretario della Cna. In provincia le impresette artigiane sono 13mila (con 28mila addetti). «Le ricadute sociali sono immediate per chi non ha protezioni». Un’altra volta bisogna affidarsi ai grandi per qualche segnale di speranza: Bistefani che si rafforza comprandoBuondì, Paglieri che ingloba Schiapparelli, allargandosi al medicale, Guala che fa shopping per il mondo. Anche se la svolta arriverà solo dalle infrastrutture. Il tunnel di Lochberg, inSvizzera, è ormai realtà. La maggior parte delle tratte italiane invece non sono finanziate. Alessandria è potenzialmente il retroporto di Genova, 6 giorni di navigazione di vantaggio sui grandi porti delmare del nord. Senza investimenti rischia però di restare nel più classico cono d’ombra. Le grandi imprese finora l’hanno salvata, il futuro dipenderà dai corridoi