
(avventure trenodimensionali per giovani autostoppisti)
a cura di : !DORMOZERO!
Storia n°1
Milano
Stazione Centrale
Ore 15.00
Sono sul treno da Vogherà Galera, un interegio schifoso e puzzolente che mi trasporta
nascosto nel vano delle biciclette.
Io e un amico, che chiameremo per comodità Dr.D, siamo diretti da Spectrum: negozio
specializzato in spray per poveri graffitari. Ad accompagnarci le classiche due cannette (di
puzzone) per la giornata, da fumare sorseggiando moretti in qualche parco di periferia. L’idea
di partenza era di scendere alla stazione di Rogoredo, premessa: tale stazione è una
gigantesca piazza di spaccio a cielo aperto quindi due bravi ragazzi come noi non avrebbero
attirato l’attenzione dato che il più pulito lì c’ha la rogna. Tuttavia Rogoredo si trova molto
distante dal negozio di bombolette e per questo propongo a Dr.D di scendere a Milano
Centrale tanto: “chi cazzo vuoi che ci fermi con due canne alle quattro del pomeriggio”.
Detto Fatto. Scendiamo in Centrale. Oltrepassiamo i gate e liber…
Un cane da dietro mi si fionda addosso e mi infila il muso nelle palle, lo scanso agghiacciato
perché dietro di lui si avventano i quattro padroni rabbiosi in uniforme gialla e grigia che mi
intimano di tirare le mani fuori dalle tasche e mi urlano a turno in faccia: “Che c’hai? che
c’hai” oppure: “diccelo che sennò poi è peggio”.
Neghiamo fino alla morte, nessuna soddisfazione, ci dovrete spogliare.
Taaaaccc detto, fatto.
Mi ritrovo in uno stanzino a lato del Burger King con Dr.D che intanto, per dovere d’ufficio, ha
deciso di farsi fare anche lui una bella perquisa.
Il capitano della squadra, direttamente da Taranto, sbava e continua ad urlarci la sue
intenzioni: “Vi rovino la vita”.
E io che pensavo che la mia vita non potesse andare peggio di così.
Partono perquisendo il portafoglio, poi il cellulare, aprono lo zaino, svuotano, aprono e
chiudono tasche, vengono sommersi da una cascata di stickers precedentemente attaccati
su tutte le superfici della stazione. Ci spogliano e ci trovano in possesso di addirittura due
canne e l’attenzione del gruppo a qualsiasi altro tipo di accertamento è bella che finita.
Cominciano a complimentarsi tra di loro, pacche complici e iniziano a siglare con dei segni
indistinti, che successivamente scopriremo essere i nostri dati, il verbalino con la
segnalazione. Non stiamo qui a disquisire su quanta carta è stata bollata e compilata per ste
due canne di merda, concorrendo alla deforestazione della foresta amazzonica.
Verbalino pronto una firma e possiamo andarcene. Mi metto a leggerlo e guarda caso ci
sono delle incongruenze.
– L’orario di fermo della durata di trenta minuti, sul verbale si trasforma in quattro minuti.
Cioè questi a spogliarci, perquisirci e fare il verbale ci hanno messo due minuti in meno di
una mia eiaculazione, incredibile.
– La clausola che cita: “avvertito della facoltà di farsi assistere da un legale…la parte ha
dichiarato: “non mi avvalgo di tale facoltà”. Peccato che tale diritto non ci è stato
minimamente comunicato per tutta la durata del fermo.
Intanto il Capitano, che mi aveva subito preso in simpatia, alla mia richiesta di poter leggere
il verbale comincia a sfottermi dandomi del Professore e cercando in tutti i modi di
provocarmi. Consiglio di Nonna Nenna n° 285 recita: “Non cedere mai alla provocazione
soprattutto, se quello è armato e magari pure incazzato e con gli amici”. Mi sale il sangue al
cervello, sono lì lì per rispondergli, apro la bocca ed esce un rantolo soffocato… il buon
senso ha preso di nuovo il controllo e ammutolisco. Finisco di leggere e firmo.
Ma una cosa ce l’abbiamo detta noi a sto simpatico gruppetto. Abbiamo chiesto se
gestivano con tale zelo anche zone come Rogoredo visto quello che succede nel bosco dei
fattoni. La risposta memorabile è che purtroppo loro sanno tutto, ma non possono farci
niente. E’ molto meglio tenere pulita e a prova di drogato la stazione Centrale, ma ancora più
comodo è avere un ghetto dove tutti i tossici stanno senza rompere i coglioni all’uomo della
strada.
Usciamo da questo stanzino, incazzati come le iene, evadiamo dalla stazione e andiamo ad
armarci di spray, birra e metro che ci porta a Rogoredo, finalmente a casa e in anticipo di
trenta minuti sul treno con destinazione Voghera Galera. Decidiamo di farci una canna e
saliamo sul ponte di ferro che affaccia sui binari. Seduta incontriamo una ragazza che si sta
fumando una stagnola con il rotolo di Cuki doppio strato a fianco. Lei molto carina, forse
cinquanta pere fa. Fa fatica a parlare e ci saluta con un grugnito. Attraversiamo il ponte e ci
andiamo a mettere sulle scalinate opposte, in una distesa di spruzze usate.
Scendendo ci si para davanti un ragazzetto col cane che tiene tra i denti una siringa appena
usata. Cerca goffamente di nasconderla dietro alla schiena in una moviola lunghissima e ci
saluta andandosene via mesto nella sua totale botta di furia… Da Pazzi! è tutto quello che
riusciamo a pensare.
Da quel piedistallo di roccia e ferro, in mezz’ora, abbiamo visto passare avanti e indietro più
di sessanta persone. Un esodo di balordi in processione per ricevere la benedizione
quotidiana nel bosco. Si fanno e tornano in strada per trovare i soldi per farsi di nuovo in un
circolo vizioso senza fondo.
Quello che più c’ha stupito è stato ammirare le stratificazioni sociali che si avvicendavano in
quel “Non-Luogo”. Dal Barbone storico che si pulisce la pipa da crack ricavata con una
cannuccia e un vasetto di Danone, alle giovani teknoranger lesbiche per mano in stile amore
tossico. Dal tossico sciancato e zoppicante che pur di farsi da via il culo, al bellimbusto
palestrato e occhialato che va a prendere i pezzi per la serata. Dalla madre tossica col
figlio… tossico pure ello, al povero stagista con la borsetta a tracolla e il pullover taglio V. Un
melting pot di ogni genere che si ritrovano in fila aspettando di contrattare davanti a un
bilancino e due sacchetti.
Così mi soffermo a riflettere sulla giornata, sulla fortuna che ho avuto e su quello che
sarebbe potuto accadere se avessi risposto male alle provocazioni di quell’agente che non
aspettava altro, forse oggi non sarei qui a scrivere, non a tutti va così bene.
Nel vedere quella distesa umana spinta verso il baratro a fianco di una stazione non ho
saputo trattenere una lacrima. Un segno di pietà o forse una personale arresa all’emozioni
della mia giornata che tace e non ha più parole ma solo disegni.
Autore
!DZ!