
Gratificante, vero?
Chi tra di voi non ha mai pensato di essere un po’ alternativo… un po’ trasgressivo, estranei agli schemi di un mondo che in realtà non vi appartiene e di cui non volete assolutamente far parte.
Si inizia sempre schierandosi contro i genitori, a priori, che mi piace definire come il prototipo del “Sistema”.
Le loro regole fatte di coprifuochi e rispetti, permessi e dinieghi.
“Perché questa casa non è un albergo”.
La voce in sottofondo di tua madre che per tutta risposta si becca un bel:
“Fanculo!!”
Tu vorresti solo dimostrargli che sai prendere le tue decisioni autonomamente e loro invece ti trattano ancora come il loro piccolo bambino speciale che non capisce uno stracazzo di niente.
Anche io, come voi d’altronde, ho passato il mio periodo di irrequietezza.
Vivendo a Voghera Galera le prospettive erano assai disarmanti.
La città non ha niente da offrire quindi potevi omologarti e infighettarti per andare a Salice Terme a bere, discotecare, con il rischio di spatasciarti con la macchina sul guardrail.
Oppure fare quello alternativo che si fuma le canne e si veste eclettico giusto per menarla a tutti con la sua “Diversità”.
Una diversità altrettanto omologata a ben vedere.
Credo sia inutile dirvi quale fu la mia scelta.
Con immenso dolore, fa un cazzo di male boia, feci i dreads e allargai i lobi delle orecchie sotto lo sguardo disperato di Madre costretta a subire la mia tempesta ormonale da sedicenne problematico. Iniziai a indossare certi pantaloni di cui oggi provo un’immensa vergogna. Afghani, coloratissimi e appariscenti, comprati ai vari mercati di Senigalia (dove ovviamente non sei nessuno se non conosci il Rosso e i suoi cilum). Mi piaceva abbinarli ad una serie di T-shirt inneggianti la legalizzazione della Marigiuana o raffiguranti un Che-Guevara, magari qualche gruppo dichiaratamente di sinistra. Perché la maglietta non è altro che lo specchio dell’anima, uno stemma, un riconoscimento ad una determinata casata.
T-shirt prodotta dall’ennesima azienda che stampa sicuramente anche quella del vecchio nano psicopatico italiota conquistatore di folle.
Risultato?
Ogni sacrosanta volta che mettevo il naso fuori casa venivo fermato dalla polizia e perquisito.
Allora pensavo che lo scopo della mia vita fosse, oltre che farla franca con gli sbirri, di raggirare tutte le regole possibili reinventandomi una vita alternativa che mi avrebbe permesso di fottere il Sistema… – proprio come in quel film… come cazzo si chiama? …Ah già: “Into the Wild”, gran finale.
Da quel giorno per parecchi anni mi cimentai nelle peggio stronzate: treni a sgamo come se non ci fosse un domani, biglietti “ridotto ragazzi”, dormite notturne nelle più improbabili stazioni ferroviarie, autostop selvaggi con personaggi poco raccomandabili, party in fabbriche velenosamente polverose, piccoli espropri proletari nei supermercati e negli autogrill, il tutto condito da una massiccia dose di Tag e Graffiti.
Poi, a volte, si cresce. Male.
Si tagliano i capelli e si tolgono i dilatatori per cercare un lavoro e dimostrare la propria indipendenza, per la quale sei disposto anche a cavarti la divisa di dosso pur di conquistarla.
Scoraggiato da una serie di improbabili lavori e da altrettante agenzie interinali che ti spingono a dare il meglio/tutto per un misero stipendio, pena la sostituzione immediata e il successivo smaltimento nella raccolta indifferenziata dei disoccupati, decisi che era ora di rimettersi a studiare e trovare una facoltà che mi garantisse un posto nella società, ben retribuito e colmo di tutti i confort del contratto indeterminato a otto ore di schiavitù giornaliera.
Mi iscrissi, perciò, all’Accademia di Belle Arti, ma questa è un’altra storia…
Per la breve esperienza, appresa a dosi di calci in culo, ho capito che bisogna fare delle scelte e dei compromessi con se stessi e con la società. Non si può evadere del tutto questo sistema.
L’importante è avere uno scopo da raggiungere nella vita e perseguirlo senza approfittarsi del prossimo per arrivare più in alto. In un mondo che ti spinge all’individualismo più spietato forse la soluzione sta nel trovare dei compagni di viaggio altrettanto determinati, che possano sostenerti in questa resistenza quotidiana contro il logorio della vita moderna.
Anche questo me l’ha insegnato quel mammut di mia Madre.
Autore
!DZ!