
In un momento storico che vede gli equilibri internazionali drammaticamente in mutamento, la repressione violenta contro il dissenso, riconosciamo il perpetuarsi degli schemi patriarcali e omo-lesbo-tranfobici ad ogni livello, ma soprattutto riconosciamo un pericolo diretto e impellente nell’ascesa di un governo di estrema destra come quello capitanato da Giorgia Meloni.
La scelta, non puramente semantica, di istituire un Ministero chiamato “della famiglia, della natalità e delle pari opportunità” la dice lunga su come le politiche di intervento sul divario di genere saranno subordinate al tema della maternità e alla centralità della famiglia (ovviamente al singolare) tradizionale.
La nomina di Eugenia Maria Roccella segna poi in modo inequivocabile la strada che questo governo intende perseguire: una donna che ha rinnegato nettamente un passato di lotta per i diritti per sposare al contrario una posizione conservatrice intrisa di stigmi e moralismi religiosi, patriarcali, misogini e omofobi.
L’attribuzione della terza carica dello Stato a Lorenzo Fontana marca poi definitivamente la volontà di mandare un messaggio diretto ai movimenti femministi e transfemministi, ma soprattutto a tutte le donne e alle soggettività libere e non conformi che lottano per la propria esistenza e la propria autodeterminazione: “questo non è e non vuole essere il vostro governo”; è piuttosto il governo di bigotti e omofobi, è il governo del Family Day di Verona 2019, delle mozioni comunali e regionali che finanziano i movimenti antiabortisti e minano alla radice i consultori pubblici, è il governo di chi esulta per l’affossamento del DDL Zan e per i cimiteri dei feti.
Mentre il governo prepara le proprie armi, noi ci troviamo infatti a a combattere contro la violenza e le ingiustizie di sempre, da quelle che subiamo tra le mura domestiche a quelle del divario salariale.
Lottiamo ogni giorno per la nostra vita: in Italia la media quotidiana dei femminicidi è uno ogni tre giorni. Dall’inizio del 2022 sono 79 le donne e le persone della comunità LGBTQI uccise.
Lottiamo ogni giorno per la nostra sussistenza: durante la pandemia il 98% di chi ha perso lavoro è donna. Dalla pagina web dello CNEL: “In Italia la condizione della donna nel mondo del lavoro è penalizzata dalla difficile conciliazione dei tempi di vita e di lavoro, che spinge in basso (49,7% dato ISTAT, contro il 60,4% Ue) la quota dell’occupazione femminile fra i 15 e i 64 anni e che induce il 27% delle donne madri ad abbandonare la propria occupazione alla nascita del figlio. Un dato salito al 38% con la pandemia (addirittura il 43% se con figli fino a 5 anni). Esiste ancora un elevato divario di genere in termini di lavoro non retribuito (nel quale le donne spendono in media 4 ore e 15 minuti al giorno, contro 2 ore e 16 minuti degli uomini).”
Lottiamo per essere liber* di scegliere sui nostri corpi, contro una media nazionale del 70% di obiettori e obiettrici nelle strutture pubbliche ospedaliere, che rifiutano di praticare interventi di interruzione di gravidanza rendendo l’accesso al servizio difficile pieno di ostacoli e pregiudizi.
Lottiamo per il riconoscimento dei diritti di tutt* prima del riconoscimento di qualsiasi confine.
Saremo in piazzetta dalle 17.30 e durante il presidio sarà possibile prenotare il proprio posto sul bus per la manifestazione a Roma il 26 novembre (in alternativa si può prenotare anche chiamando il 340 613 6076) .
Casa delle Donne