A partire dal 2016 l’esperienza di Non una di Meno ha riportato all’attenzione del dibattito pubblico il tema delle discriminazioni e delle violenze di genere. Al grido di “Ni una menos, vivan nos queremos” le femministe di tutto il mondo hanno riaperto uno spazio di azione e discussione chiuso da decenni, definendo nuove aree di intervento e rimodulando le lenti attraverso cui osservare ruoli, stereotipi e diseguaglianze non solo tra donne e uomini ma anche tra la miriade di soggettività non conformi che spesso vivono esclusione sociale e stigmatizzazione.

L’intuizione di riassegnare valore e concretezza alla giornata dell’8 marzo ha trovato la propria ragione d’essere nella rimodulazione del concetto di sciopero, che per la prima volta nella storia non si circoscrive all’ambito lavorativo in senso classico ma tocca ogni aspetto della vita delle donne, da quello domestico a quello economico, passando per il “prendersi cura” e per l’imposizione di conformarsi a generi fissi e definiti.

L’apertura di fronti di ragionamento e lotta legati all’ambito domestico ha posto l’accento sul lavoro riproduttivo, ossia tutto quell’insieme di compiti, responsabilità e impegni legati alla cura e all’assistenza dei propri cari e alla gestione degli spazi/tempi famigliari.

Questo enorme carico di riproduzione sociale poggiato quasi esclusivamente sulle spalle delle donne si incrocia, sovrappone e molto spesso scontra con il lavoro nella sua accezione più classica, quella che viene definita di produzione.

L’accesso al mondo del lavoro – e quindi ad un salario proprio – ha rappresentato una conquista importante per l’indipendenza e l’autonomia delle donne, incentivato e sostenuto anche da molti movimenti femministi della seconda metà del secolo scorso; tuttavia oggi la frammentazione del mondo del lavoro, gli interessi privati e la ferocia del capitalismo ci consegnano un dato forse difficile da accettare per la generazione prima di noi: il lavoro non libera l’uomo, né tantomeno la donna. Quello lavorativo è piuttosto un terreno di contesa in cui l’azione collettiva e coordinata può ribaltare rapporti di forza e disuguaglianze che permeano i rapporti sociali tutti.

Ogni forma di “diversità” al canone dell’uomo adulto, bianco, eterosessuale e occidentale diventa nel mondo del lavoro un buon motivo per giustificare disparità di mansione, inquadramento e trattamento. Lo scopo ultimo è sempre alimentare e arricchire un sistema di produzione che fagocita tutto ciò che trova sulla sua strada e che sfrutta le differenze – etniche, generazionali, di genere, di classe – per trasformarle in disuguaglianze da cui trarre profitto.

Sappiamo che i dati Istat sulla disoccupazione femminile e sul differenziale di stipendio tra uomini e donne sono la punta dell’iceberg di un sistema-lavoro che, come la società nel suo complesso, affonda le proprie radici in una logica patriarcale, violenta e iniqua in cui molto spesso ci si sente sole e senza strumenti.

La scommessa che a partire da oggi vogliamo giocare è quella di dar vita ad uno sportello sindacale che affronti in modo esplicito le tematiche del lavoro in una prospettiva femminista garantendo consulenza e supporto concreto a tutte le donne e le soggettività LGBTQI.

La Casa delle Donne giocherà questa scommessa insieme al sindacato di base ADL Cobas; come si legge nel documento che attesta la sua nascita ad Alessandria (qui), ADL Cobas è da sempre attento alla dimensione di genere, alla tutela dell’ambiente e alla lotta al razzismo. Un sindacato che nasce dal basso tra le lavoratrici e i lavoratori per scardinare lo sfruttamento e ottenere – insieme e per tutte/i – diritti.

Lo sportello di ADL Cobas alla Casa delle Donne nasce per rispondere alle esigenze delle donne e delle persone LGBTQI che:

  • lavorano in contesti ad alta femminilizzazione e che vedono non rispettati i propri contratti nazionali;
  • vivono nel proprio luogo di lavoro discriminazioni, mobbing, molestie e disparità di trattamento;
  • in questi mesi sono state costrette a lavorare da casa a tempo pieno pur dovendo occuparsi di bambine/i o genitori anziani e oggi subiscono le pressioni dei datori di lavoro;
  • lavorano in nero, subiscono ricatti e minacce.

Lo Sportello di ADL Cobas sarà aperto tutti i venerdì dalle 16 alle 19 alla Casa delle Donne in Piazzetta Monserrato 1 o su appuntamento al numero 3515920855

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