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Il viaggio di una donna

Nella foto - Laboratorio Sociale Alessandria

“Contro la strumentalizzazione della violenza di genere in chiave razzista, securitaria e nazionalista, contro la violenza delle istituzioni, della polizia, dei tribunali, dei CIE e dei CPR, delle frontiere e di tutti quei dispositivi che reprimono la nostra autodeterminazione e presa di parola, contro tutto questo apriamo, costruiamo e ci riprendiamo luoghi fisici, ridefinendoli in termini politici e antisessisti, per elaborare strategie di resistenza e autogestione” dal “Piano femminista contro la violenza maschile sulle donne e la violenza di genere” di Non una di Meno.

Su questa rivista potete leggere periodicamente le cronache del pendolare, articoli leggeri che spiegano con ironia quel brutto ecosistema che si crea sui treni regionali. L’articolo che vi apprestate ad iniziare è invece un racconto amaro, un ritratto impietoso di un mondo dove con più forza emergono le brutture e le barbarie di questi tempi oscuri, dove i più bassi istinti si sfogano, intrappolati in un tempo perso, in un non-luogo. Un viaggio ripetuto all’infinito che avvilisce e logora i nervi.

Una mattina mi sono trovata a discutere animatamente con due passeggeri razzisti, che si stavano riempiendo la bocca di insensatezze sull’accoglienza, di cui non sapevano assolutamente nulla.
Ad un certo punto è intervenuto nella discussione il membro di una “Squadra Volante” delle ferrovie che, a corto di argomenti, tira fuori la perla: “Spero per lei che non rimanga mai sola in un vagone con uno di questi”.

Ammutolisco.
Che cosa centra questa frase? Davvero questa può essere una valida argomentazione secondo lui?
Non sapendo cosa rispondere il Sig. Volante ha usato la tattica più vecchia del mondo: spostare la discussione sul fatto che sono una donna. La mia appartenenza al genere femminile è quindi diventata oggetto di discussione, benché non centri assolutamente nulla. Ancora una volta devo affrontare un’interazione (che sia un colloquio, un esame, una riunione di lavoro ecc.) prima da donna e poi da persona mentre il mio interlocutore, dalla sua posizione di maschio bianco eterosessuale e nelle vesti di un pubblico ufficiale, ora può esercitare il suo potere, ponendosi come protettore ed unico salvatore della povera donna indifesa.

La frase “Spero per lei che non rimanga mai sola in un vagone con uno di questi” è pregna di molteplici significati. Il riferimento più lampante è ovviamente quello razzista: “uno di questi” è un generico migrante dalla pelle più o meno nera, appartenente ad una razza di stupratori e malfattori, colpevole e pericoloso a prescindere dall’identità e dalle azioni del singolo.
Il secondo riferimento è quello alla violenza. E’ sottinteso, ma non così tanto sottile.
Rimanere “sola con uno di questi” presuppone infatti un pericolo, che il sig. Volante si affretta a scongiurare, ma che suona invece come un macabro avvertimento.
Questo tipo di espressione si inserisce perfettamente in una pratica già vista ed ampiamente utilizzata: la strumentalizzazione della violenza sulle donne come giustificazione di atteggiamenti e azioni razzisti, xenofobi e autoritari. Da più di dieci anni assistiamo alla continua correlazione (operata soprattutto dai media mainstream e da partiti xenofobi e sessisti come la Lega), tra immigrazione e violenza di genere. Non a caso, proprio l’8 marzo di dieci anni fa, Alessandria venne attraversata da una manifestazione convocata sulle parole d’ordine “Io sono sicura, Alessandria non è razzista”, che cercava di ribaltare la campagna mediatica che si stava
costruendo sulla pelle delle donne.
Questo leit motiv, su cui verte la dialettica del mio interlocutore, si basa sull’assunto che i migranti siano i maggiori responsabili della violenza contro le donne. Un assunto sbagliato: la violenza di genere è trasversale a tutti gli status e le nazionalità, ma soprattutto è perpetrata in larghissima parte tra le mura domestiche (il 71,9% dei femminicidi) da partner o ex partner (62,7% degli stupri – dati istat 2014). Non si tratta, quindi, del colore della pelle di chi pratica una violenza, ma di un rapporto inteso come assoggettamento, di un esercizio di potere sulle donne.

Di potere, infine, parla anche il Sig. Volante, sempre in modo sottinteso. E’ lui l’autorità, il bravo uomo italiano che difende le donne della sua razza, è a lui che io devo sperare di poter rivolgermi in caso d’aiuto.

Il secondo episodio a cui ho assistito è avvenuto a distanza di mesi, poche settimane fa, quando il nuovo Governo Lega-Cinque stelle si era appena insediato.
Seduta da sola, aspettando la partenza del treno, sento un gran trambusto. Un capotreno sulla sessantina sta rincorrendo una ragazza nera, che non avrà neanche vent’anni.
Lui urla: “se non scendi da questo treno ti ammazzo, pezza di merda”.
Ancora una volta ammutolisco, mi alzo e li seguo. La ragazza, decisamente più agile del capotreno, salta giù dal treno poco più avanti.
La dinamica questa volta è ancora più allarmante e decisamente più “palese”, in tutti i sensi.
E’ in corso una trasformazione disumana che si manifesta in ogni interazione sociale. L’insediamento di questo Governo ha aggravato una situazione già esasperata, legittimando e sdoganando le esternazioni peggiori, ormai sempre meno isolate e sempre meno mediate da giustificazioni razionali.
L’elemento più allucinante di questa vicenda è la chiarissima minaccia di violenza fisica. Una violenza che il capotreno sapeva di poter esercitare su una donna migrante, sola, probabilmente vittima di tratta, colpevole di non aver pagato un biglietto.
Questo terribile affronto è ancor più grave agli occhi di quest’uomo, se il colpevole è donna oltre che migrante. Non è concepibile che possa farla franca, a costo di tirarla per i capelli giù da un treno, a costo di insultarla come un animale.

Il viaggio di una donna oggi, che sia di pochi chilometri su un treno regionale, o tra un continente e un altro attraverso muri e confini, è pericoloso, pieno di violenza e barbarie, strumentalizzato, assoggettato alle logiche di potere operate dal patriarcato.

La lotta contro le discriminazioni e il sessismo non può oggi prescindere dalla lotta contro il razzismo, non può non porsi il problema di scardinare le logiche di strumentalizzazione del corpo delle donne a fini razzisti.

Autrice

Laura Falleti

ph. Paolo Gambaudo