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Rap del presente o del futuro?

Nella foto - Laboratorio Sociale Alessandria

Mettere nero su bianco cose che ci toccano profondamente non è facile.
Spesso è complicato trasmettere ad un lettore esattamente ciò che ci passa per la testa. Riusciamo a condividere dei contenuti e a farne comprendere il significato, ma non le emozioni che proviamo.
Forse il rap è proprio questo: non limitarsi a mettere per iscritto le proprie idee ma andare oltre, interpretarle, cantarle, renderle cibo per le menti di chi ascolta.
Sono nato negli anni novanta, ho iniziato ad ascoltare rap negli anni duemila e, sempre negli anni duemila, ho iniziato a scrivere. Mi è venuto naturale, spontaneo. É la disciplina del rap che ha trovato me, non il contrario.
Da quando ho ascoltato il primo pezzo in rima sono cambiate tante cose, sia nel modo di viverle che nel modo di comunicarle. Televisione, radio, web, social, concerti, dischi, digital store, Instagram story… Nulla rimane fermo (per fortuna), le cose sono in continua evoluzione.
Tante parole sono state sprecate e tante bocche hanno preso aria senza essere ben consapevoli di ciò che stavano dicendo dunque, con tutta l’umiltà del caso, ho pensato che se persone completamente estranee a questa cultura si sono già espresse a proposito di uno dei temi più importanti della mia vita, è il momento che lo faccia anch’io.
Se dovessi pensare al motivo per cui ho iniziato ad ascoltare e a fare rap mi viene in mente una sola sensazione: la voglia di ribellarmi, di sentirmi libero.
Vorrei rivolgere la stessa domanda a tutti coloro che ascoltano e fanno rap in questi anni. Perché avete iniziato ad ascoltare questa musica? Perché avete iniziato a fare questa musica? Se la risposta è uguale o simile alla mia, allora si tratta di qualcosa che viene da dentro. Se, invece, entrano in gioco altre opzioni, allora c’è qualcosa che non torna.
Tra la fine degli anni 80 e l’inizio degli anni 90 nel Bronx fare rap era una fuga. Dalla strada, dalla criminalitá, dal disagio.
Negli anni 90 in Italia ci sono stati vari filoni rap: la scena che si è sviluppata nei centri sociali con il cosiddetto “fenomeno delle posse”, la scena più legata alla street life e quindi alle “regole” dell’hip hop americano classico e la scena tendente al commerciale che fece i primi passi verso televisioni e radio. Dagli anni 90, passando per i vari exploit degli artisti più conosciuti in questo momento, fino ad oggi cosa è successo nel nostro Paese? O meglio, cosa è cambiato in chi fa il rap e in chi lo ascolta?
Procediamo con qualche esempio, anche per rendere il ragionamento più comprensibile a chi non fosse ferratissimo in materia. Fabri Fibra dopo anni di pezzi con “cassa dritta” è tornato ad utilizzare sonorità più affini al rap. Cosa significa? Stiamo tornando indietro? Oppure è stata talmente forzata la musicalità di questo genere che ora un passo indietro viene apprezzato? Coez, ex membro del rispettatissimo gruppo rap romano Brokenspeakers, ora solista di successo nazionale ovviamente con sonorità e testi più “morbidi”. Che dato ci consegna Coez? Per vivere facendo musica bisogna piegarsi all’indie-rap (come lo chiamo io)? Noyz Narcos è un artista che conta su grandissimi numeri. Le sonorità delle sue produzioni sono moderne ma restano legate a quello che possiamo definire rap hardcore. Concetti riadattati al grande pubblico ma sempre duri, grezzi, mai soffici. Noyz cosa ci fa capire? Anche il rap hardcore, con qualche accorgimento, può diventare un mezzo con cui sfondare? Inoki Ness è tornato alla grande con il mixtape “Basso Profilo” uscito circa un anno fa. Sta dimostrando che, anche di questi tempi, si può costruire qualcosa di concreto e di utile per i giovani rapper. Il progetto Rap Pirata sta prendendo piede in tutta la penisola e centinaia di ragazzi sono coinvolti. Cosa significa? É ancora possibile tenere vivo il rap, mettendo al centro concetti come il rispetto e l’essere veri?
E veniamo al tanto discusso Ghali. E’ commerciale, senza dubbio, ma ha comunque qualcosa da dire, trasmette messaggi positivi per i giovanissimi. Al netto dei suoi testi, il fine è giusto. Mai sopra le righe. Dunque anche la trap può avere contenuti? Può essere uno strumento di crescita e non di decrescita delle nuove generazioni? A farci venire qualche dubbio è Sfera Ebbasta. Anche lui commerciale, senza contenuti né messaggi in qualche modo costruttivi. Come ha sfondato il muro del main stream? Perché i giovani lo apprezzano così tanto? Perché sentiamo la sua musica su tantissime radio nazionali, a qualsiasi ora del giorno?
Nella foto - Laboratorio Sociale AlessandriaNon darò risposte precise alle domande poste quei sopra. Ognuno si senta libero di giungere alle sue conclusioni, possibilmente usando gli strumenti necessari per trattare questa tematica.
Per chi volesse approfondire la materia, oltre a quello che si trova sul web, ci sono tanti libri che aiutano a capire come è nato tutto. Scrittori come Luca Mascini (aka Militant A degli Assalti Frontali), Andrea Cegna, U.net, Francesco “Kento” Carlo e tanti altri aiutano a inquadrare l’argomento.
Quello che posso dire io è che dopo anni di ragionamenti ed idee in conflitto fra loro penso che, ormai, non conti più essere underground, commerciali, legati alla vecchia o alla nuova scuola.
Penso conti piú di tutto il messaggio che un artista trasmette, i comportamenti che ostenta, quanto è vero ciò che dice.
Quindi la trap? É il rap del presente? Del futuro? Non importa questo. Importa quanto la musica sappia cambiare in meglio le persone che la ascoltano. Se una cosa è vera, fatta con passione, coerenza e con la consapevolezza di essere dei comunicatori, allora merita rispetto.

Autore

Nyko Ascia