Indietro

Per un pugno di storie – III

Nella foto - Laboratorio Sociale Alessandria

(avventure trenodimensionali per giovani autostoppisti)
a cura di : !DORMOZERO!

Storia n°3

Nella foto - Laboratorio Sociale Alessandria

 

Questa è la storia di una lunga guerra…

SHOCK
A sei anni mio padre mi abbandonò; da un giorno all’altro se ne andò e sparì senza farsi più vedere. Non ho ricordi vividi, solo il freddo delle ringhiere del terrazzo mentre lo aspettavo, mia madre che mi diceva di rientrare e io che tergiversavo nella speranza di vedere il suo Defender bianco sbucare dall’angolo della strada… non arrivò mai.
La consapevolezza dell’abbandono non fu immediata, si sedimentò nel mio subconscio come un’ombra nera che ancora oggi mi accompagna nelle notti oscure.
La scelta di mio padre, per quanto sbagliata sia stata, ha influenzato l’individuo che sono diventato, un percorso lungo e non sempre chiaro.

NEGAZIONE
Da subito pensai di essere io il problema, di non essere abbastanza per lui, incapace di riuscire a trattenerlo stretto a me.
Oggi so che non è così ma che ce volete fa’ avevo sei anni. Crescendo il ricordo del suo volto divenne sempre più inconsistente, rimaneva solo un ombra, come una presenza eterea appoggiata alla mia schiena. Ogni volta che fallivo in qualcosa sentivo di essere sempre più simile a lui e mi si rompeva il cuore in mille frammenti, bagnati dalle lacrime salate della mia coscienza che mi ripeteva come un mantra:

RABBIA
“Sei uguale a lui ricordatelo, sei uguale a lui ricordatelo, sei uguale a lui ricordatelo, sei…”.

NEGOZIAZIONE
Non sono mai stata una persona sicura di sé. Ho sempre fatto un sacco di cose iniziandole e lasciandole a metà, forse per paura o per inadeguatezza o forse solo per pigrizia. L’unica cosa che non ho mai smesso di fare è disegnare. Avere una matita in mano mi ha sempre aiutato a trovare la via di uscita dai mostri che mi circondavano nel buio della mia stanza.
Poi cresci, diventi adolescente e capisci che non sei l’unico ad avere avuto delle sfighe nella vita, anzi tutto sommato ti è andata pure bene che c’hai una madre che ti ama, un patrigno che fa il possibile per non farti sentire un orfano e un fratello su cui scaricare le angosce che nonostante tutto ti vuole sempre bene. Ma per quanto ci provino quell’ombra resta sempre attaccata alle suole delle tue scarpe e ti segue ovunque vai.

DEPRESSIONE
Quell’essere oscuro ti spinge a creare relazioni e distruggerle per indolenza, perché è troppo difficile mettersi in gioco del tutto e per tutto ed è sempre più facile scappare dandosi alla macchia tanto la prossima volta andrà meglio.
Attenzione perché non sei più solo, ogni volta che fallisci porti con te la disperazione di qualcun altro che hai lasciato indietro, qualcuno che si è preso carico dei tuoi problemi e che ti ha accompagnato reggendo il peso della tua coscienza frantumata nel tentativo di incollarla con l’amore che non hai mai percepito. Per questo fa più male quando finisce, per questo resta la cicatrice.

ACCETTAZIONE
Gli anni passarono e come la mia barba, crescevo. Ormai mi ero talmente abituato alla mia condizione che era inutile nasconderla. Potevo discuterne senza problemi e spesso ero io a introdurre il discorso come se sentissi la necessità di doverlo far sapere al mondo. Non lo facevo per sentirmi compatito ma per condividere la mia infelicità insieme a quella del prossimo. Ma non bastava mai, perché non c’era una spiegazione razionale all’abbandono era successo e non potevo trovare ragioni, ma solo accettare di non poter più sciogliere quell’ombra nera dal mio essere.
Poi due anni fa lo incontrai, quasi per caso… ma il caso non esiste. La rabbia si trasformò in lacrime quando lo vidi e passammo una giornata a bere birre mentre lo investivo con vent’anni di storie che non gli avevo mai raccontato. Promise di accollarsi il mio studio e per qualche tempo riuscì anche a farlo dignitosamente, ma col passare dei mesi venne sempre meno, fino a sparire di nuovo dimenticandosi di farmi gli auguri il giorno del mio compleanno e tornando a essere solo un ombra munita di cellulare.

SPERANZA
Non posso fargliene una colpa, non è mai stato abituato a farmi gli auguri per il giorno del mio compleanno e non posso certo pretendere che da un giorno all’altro diventi quella figura modello che non è mai stata, ma io sono cresciuto e adesso non vivo più nella paura di essere io l’errore o la causa della sua fuga perenne. Ho potuto finalmente colmare il buco lasciato da quello sparo a bruciapelo di ventidue anni fa e adesso posso solo andare avanti senza mai voltarmi indietro… neanche per prendere la rincorsa.

Autore

!DZ!