
Sono Giuseppe Mayno, nato a Spinetta Marengo nell’ultimo ventennio del 1700. Sono vissuto in un’epoca in cui la storia non si studiava. Con la fatica che ci costava il presente, ci importava poco di sapere quello che era successo prima di noi.
Voi che, invece, la storia la conoscete e la rievocate, dovreste impegnarvi di più nell’interrogarla.
Sono cresciuto nella campagna alessandrina, in Piemonte. I francesi hanno occupato il mio territorio quando ero poco più che un bambino. Hanno bagnato di sangue la nostra terra, hanno oppresso e vessato i contadini e le loro famiglie. Anno dopo anno, l’unica cosa che mi sembrava essere sfuggita al controllo dell’invasore era l’acqua che scorreva nel fiume Bormida. L’acqua continuava a scorrere nelle stesso verso, libera. Io quella libertà me la sono tenuta nel cuore, l’ho coltivata e cresciuta dentro di me e, quando sono diventato un uomo, ho lasciato che fosse solo lei a guidarmi.
Sono Giuseppe Mayno e, tre anni dopo la sciagurata Battaglia di Marengo, ho sposato Cristina Ferraris. Il matrimonio è stato celebrato dal parroco di Spinetta Marengo il 19 febbraio. Quel giorno ho pronunciato due promesse, le uniche della mia vita. La prima, quella d’amore eterno a Cristina. L’altra, fu quella che mi costrinse a lasciarla la notte stessa.
Non potevo rimanere soffocato nella polvere della mia stessa terra, calpestata e agitata da un invasore prepotente e spietato coi più deboli.
Sono Giuseppe Mayno e per festeggiare le mie nozze, come vuole la tradizione, ho sparato un colpo in aria, infrangendo la legge francese che ci vietava di possedere delle armi.
Mi sono dato alla macchia, ma molti uomini si sono raccolti intorno a me. Mica per mettere le mani sulla taglia di 3000 franchi che pendeva sulla mia testa! Per aiutarmi, per accompagnarmi nelle mie scorribande, per trovare un rifugio dopo che la loro opposizione al regime li aveva praticamente condannati a morte.
Eravamo oltre cento, sparsi nei boschi della Fraschetta. La popolazione locale non faceva che sostenerci e aiutarci. Non era affatto per paura. Le persone erano stanche di subire i soprusi dell’invasore e avevano capito che attraverso la nostra resistenza passava la loro libertà.
Sono Mayno della Spinetta e con la mia banda di briganti ho assaltato il convoglio di papa Pio VII mentre si recava a Parigi per incoronare Napoleone. Ho rapinato la carrozza che trasportava il Ministro di Polizia Saliceti e il generale Milhaud, prendendomi gioco di lui dopo avergli strappato dalla divisa la croce della Legione d’onore.
Potete pensare che siano solo leggende popolari oppure potete crederci e soffrire per la mia cattura. Come soffrì Cristina a cui risparmiarono la vita solo per vederla invecchiare dietro le sbarre. Come soffrì Cangiaso che si mise al comando, giurando a se stesso, agli uomini e alle donne della mia banda che mi avrebbe vendicato.
Sono Mayno della Spinetta e sono un uomo libero. Non importa se il 19 febbraio del 1803 sono fuggito nei boschi per aver sparato un colpo in aria dopo le mie nozze o per scampare alla leva militare. Non importa se sono caduto sotto il fuoco nemico o se mi sono tolto la vita per poter decidere del mio destino fino all’ultimo respiro.
Quel che dovete ricordare di me è che l’odio verso i francesi non mi ha consumato. Anzi, mi ha dato la capacità di vedere molto più chiaramente tutto quello che amavo e mi ha dato la possibilità di amarlo molto più intensamente.
E da qui, dallo spazio sospeso di chi per colpa dell’odio e dell’amore non muore mai, benedico ogni gesto semplice, avventato e rischioso compiuto da un uomo o da una donna liberi. Perchè la libertà è come l’acqua che scorre nel letto del fiume Bormida. E’ l’unica cosa che sfugge, sempre, al controllo e all’oppressione.
Abbiamo deciso di ridisegnare la mappa del nostro territorio attribuendo nuovi significati
ai luoghi e ai personaggi che incontreremo sul cammino
Autrice
ph. “La bataille de Marengo” di Louis-François Lejeune