
(avventure trenodimensionali per giovani autostoppisti)
a cura di: !DORMOZERO!
Storia n°10
La Cavallerizza Irreale è uno spazio occupato al centro di Torino, esattamente dietro alla Mole Antonelliana.
Lo stabile è composto da tre strutture, la più antica delle quali risalente al 1600, inizialmente destinate alle scuderie reali e si sviluppa per una superficie di quarantamila metri quadri. All’interno vivevano quasi trecento lavoratori accompagnati dalle famiglie fino alla destituzione del nostro sovrano a ragion della Repubblica. Da allora, dopo sventurate peripezie, l’intero complesso viene chiuso da entrambi i lati d’acceso e abbandonato all’incuria del tempo, fino al 2015.
“E grazie al cazzo, chi se lo ciuccia uno scascione fatiscente che probabilmente frutterà un simil guadagno nel 3000 d.C., dopo averci speculato fior fior di soldi degli investitori cinesi? Eh!”
NB: Gli incisi che troverete nel testo a seguire non sono altro che le bestemmie a denti stretti che sussurro ogni volta che racconto questa storia, ho deciso di inserirli perché se devo imprecare…voi dovrete ascoltare.
2015 Torino
Al termine di una manifestazione molto partecipata, indetta dagli spazi sociali della città, vengono tranciati di netto le catene dei cancelli che fino ad allora avevano proibito l’accesso ad un bene pubblico patrimonio dell’Unesco. L’occupazione della Cavallerizza aveva lo scopo di denunciare l’ennesima speculazione edilizia di uno spazio pubblico, che sarebbe stato riqualificato creando un luogo esclusivo alla maggior parte dei cittadini. Supermercati da “2 pere 2 euro”, street food con presidio SlowFood, appartamenti di lusso, cinema, teatro e alberghi per la “Torino da bere”.
“certo che vengo a mangiare in Cavallerizza da Eataly, arriverò solo un po’ tardi che sto ipotecando in banca mia Madre…che cazzo!”
Da quel momento negli spazi riconquistati della Cavallerizza si instaura un assemblea pubblica aperta a tutti i cittadini, con il compito di creare un percorso alternativo e condiviso di riappropriazione diretta dal basso. Nasce così il polo culturale artistico della “Cavallerizza Irreale” che si pone come un punto di incontro e scambio per tutti coloro che desiderano potersi esprimere liberamente attraverso produzione artistica e culturale. Uno spazio basato sui principi fondamentali della democrazia in un ottica di “arte universalmente accessibile” completamente autofinanziato attraverso le offerte libere di chi la vive tutti i giorni.
Ormai dopo quattro anni la Cavallerizza è tornata ad essere come in principio un luogo di passaggio e incontro per l’intera città… Ma anche una fucina di artisti, ma anche un punto di interesse turistico, ma anche un angolo riparato in una metropoli da cui è sempre più difficile sfuggire.
“Pure una piazza di spaccio se a qualcuno interessa il fumo e se ne sbatte il cazzo della caserma della polizia che confina esattamente col cancello della Cava…se vi becco a comprare la droka come dei babbi sotto le telecamere vi uccido.”
Ad oggi l’occupazione è composta da una moltitudine di gruppi e collettivi artistici che si prendono cura dei laboratori, si ritrovano settimanalmente in un assemblea gestionale della comunità e in alcuni tavoli di lavoro dedicati alla ricerca continua per affinare un sistema perfetto che garantisca sempre a tutti l’accesso alle attività, ma non solo. Le persone che entrano in contatto con la realtà di Cavallerizza e vogliono contribuire nello sviluppo dei progetti artistici vengono portate a innamorarsi dello spazio, perché capiscono l’immenso sforzo della comunità nella gestione dell’occupazione e riconoscono di avere le competenze/esperienze/valori per inserirsi nel percorso della comunità.
“Poi ci sono gli stronzi che se ne approfittano, con il loro progettino del cazzo, non fanno una sega di niente te la menano e poi…si offendono in riunione quando a mezzanotte li mandi a quel paese che sono ore che non fanno sproloqui filosofici sull’aria fritta. Che odio gratuito che provo per voi.”
Ma come si pone L’occupazione nei confronti del mondo dell’Arte?
Cavallerizza nasce come un alternativa al mercato dell’Arte Contemporanea che stimola ogni pseudoartista a diventare un solista in cerca della fama fine a se stessa, il guadagno a discapito del messaggio, l’apparire invece dello stile.
“In un mondo del genere in cui anche uno scantinato putrido in Barriera dove poter creare un Atelier costa un salasso…certo che cerco di vendere dieci opere al mese scegliendo ciò che vende, il commerciale.”
Ogni anno Cavallerizza promuove “Here”. Una collettiva indipendente creata dagli artisti per gli artisti, in cui tutti i gruppi permanenti confluiscono nella riorganizzazione logistica degli spazi che vengono riassegnati agli artisti come residenze artistiche temporanee.
Un ospitalità in cambio di un opera, insomma.
Per poter esporre in una qualsiasi delle fiere artistiche torinesi (Paratissima, The Others, Artissima…) è necessario essere selezionati dalle gallerie oppure sborsare ingenti somme di denaro per poter affittare un misero spazio nell’anticamera del palazzo. Questo meccanismo esclude gran parte dei giovanissimi artisti incapaci di poter navigare in questo mare di squali che è il mondo dell’arte. Incapaci perché le Accademie non lo insegnano.
“Se poi pensiamo che adesso tutti a fare i fighi con la street art, l’arte urbana e sti cazzi…chi credi che vaghi di notte a scrivere per i muri della città, mio nonno? La pula? Boh!”
Ad “Here” non esiste selezione se non in base al portfolio inviato, nessun affitto degli spazi e la possibilità di potersi esprimere senza intermediari direttamente con chi le tue opere le osserva. La possibilità di poter dire quello che ti pare e essere partecipe di un esperienza che come te ha affascinato migliaia di artisti è qualcosa che nemmeno la galleria più stilosa del mondo può darti. Ed è forse questo la più grande conquista. Ormai i Cittadini, gli Artisti, i lavoratori e le cariche statali sanno che quello spazio non può avere altra destinazione se non quella pubblica e, forse con un po’ di orgoglio, è anche merito mio e dei miei amici se tutto questo è stato possibile.
NB2: Ho scelto questo stile di racconto intramezzato con alcuni pensieri per sottolineare il fatto che in ogni realtà alternativa che si basa sull’autogestione ci sono dei cortocircuiti delle incoerenze che ogni giorno tentiamo di capire e convertire in dialogo alla ricerca della coscienza comune/politica. Qualche giorno è più facile, altri giorni molleresti tutto, ma se sei ancora lì nonostante tutto è perché ci credi davvero.
“Ergo, poche musse!”
Autore
!DZ!
ph. Angela