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Report incontro nazionale “Abitare nella crisi”

Nella foto - Laboratorio Sociale Alessandria

Alla presenza di tredici città e salutando la riuscita manifestazione “No Ombrina” di Lanciano e l’assemblea di Pescara che si svolgeva in concomitanza, l’incontro di Abitare nella crisi si è aperto con le valutazioni sulla manifestazione del primo maggio a Milano. Pur constatando ritardi e limiti nel costruire la partecipazione di “Abitare nella crisi” alla mobilitazione No Expo, si è riconosciuta una maturità della rete sia per come si è mossa durante la manifestazione, sia nel rappresentare un punto di riferimento per i territori resistenti impegnati nell’infrangere la vetrina Expo 2015.

Tutti hanno riconosciuto come necessaria la rottura prodottasi e, nello stesso tempo, le migliaia di giovani che hanno agito pratiche riottose sono stati percepiti come “roba nostra”, figli di un quotidiano che ci appartiene. A Milano si è manifestata l’irriducibilità al modello renziano, così come si mostra nelle pratiche di mutuo soccorso e di conflitto che si intrecciano giornalmente nei territori. La presenza dei migranti, e la carica meticcia che essi producono, ha rafforzato le caratteristiche di uno spezzone sociale che ha avuto un ruolo molto importante.

Nel racconto della giornata si sono percepiti insieme avanzamento e problematizzazione della dinamica conflittuale. La necessità di una comunicazione che allude ad un movimento popolare, ma subisce il peso di una soggettività ancora molto presente, deve affrontare il nodo conflitto/consenso con coraggio e determinazione, soprattutto con schiettezza. Ribadendo un’inimicizia di fondo con forme di nuova rappresentanza a sinistra, stile “coalizione sociale”, rispetto alla quale non si coglie nessuna occasione o opportunità per i movimenti, e nello stesso tempo impedendo che le insufficienze di movimento vengano riempite da proposte come quella di Landini e dintorni.

La crisi strutturale crea “mostri” e distacco tra governo e contesti sociali. Questi “mostri” sono apparsi anche a Milano e bisogna farsene una ragione. Se c’è stato un difetto di chiamata della piazza Milanese (complessivamente intesa) verso una contestazione ad EXPO che poteva (e in parte forse può ancora…) rappresentare una grande possibilità di connettere e potenziare le lotte dentro una radicale critica al sistema capitalistico, la rabbia che si è espressa in piazza, che certamente necessita di maggiore capacità organizzativa ed intelligibilità degli obiettivi praticati, sta certamente dalla nostra parte della barricata. E’ indispensabile però dare gambe alla rivolta, senza presunzioni o autocompiacimenti, perché Renzi e il suo blocco di potere sono decisamente consistenti. E’ necessario tornare a connettere le lotte in difesa dei territori e a stringere legami sociali, come accaduto il 5 maggio contro la “buona scuola”, per affrontare il tema del welfare quotidiano con una più generale e generalizzata campagna sul tema della miseria a cui ci costringono e soprattutto del reddito e della vita che dobbiamo essere in grado su larga scala di riconquistare.

È stata anche sottolineata la necessità di rompere un isolamento possibile delle resistenze e delle lotte sul piano territoriale, ribadendo la necessità di un’iniziativa nazionale sul tema degli sfratti, degli sgomberi e del piano casa con gli articoli 3 e 5 al centro della critica dei movimenti. A Milano il post primo maggio ha visto infatti una ripresa degli sgomberi, ma più in generale tante città hanno raccontato di come gli art 3 e 5 siano il cuore di una battaglia quotidiana contro l’uso speculativo del patrimonio pubblico che deve fare i conti con una repressione anche preventiva e con un mese di agosto che potrebbe produrre pesanti iniziative di sgombero.

Altro tema molto discusso, quello dei distacchi dell’acqua e della luce con l’uso della forza pubblica, che Parma ha proposto di approfondire offrendosi di ospitare un appuntamento ad hoc nel mese di giugno.

Da tenere d’occhio il ruolo della magistratura, che si è assunta il compito di depotenziare i movimenti e ha meno contraddizioni del governo, che mentre genera miseria parla di povertà. Una situazione quindi da affrontare politicizzando il discorso e uniformando l’azione, costruendo forza e solidarietà attiva.

Le forme di contrattazione che vengono sospinte dai rapporti di forza che le lotte sono in grado generare dal basso, le pratiche di riappropriazione diretta, le barricate, continuano così a convivere dentro un laboratorio di idee e percorsi materiali sempre in movimento.

Infatti, proprio mentre si sta vivendo una stagione di sgomberi e di “faccia a faccia” deciso contro la rendita, diventa rilevante ciò che si riesce a strappare alle amministrazioni locali, soprattutto in merito agli allacci idrici e al diritto all’acqua.

In termini generali ci si è soffermati sulle “povertà” e sulle forme del controllo applicate sul disagio sociale. Respingendo con forza l’idea che l’articolo 5 possa edulcorarsi con soluzioni come la residenza fittizia, si è deciso di rilanciare la battaglia per la sua cancellazione, rifiutando l’assoggettamento di milioni di persone a un’elemosina governativa che trasforma tutti in dei “senza dimora”, anche chi con le pratiche di riappropriazione si è riscattato con grande dignità riprendendosi un tetto.

Anche con l’articolo 10, che detta le regole dell’housing sociale, si getta uno spartiacque tra chi è solvibile e chi no. Quindi il nodo delle povertà diventa strategico e sulle barricate va portata questa contraddizione senza mediazioni. Da una parte la legittimità delle pratiche di chi occupa e resiste agli sfratti, dall’altra amministrazioni, forze politiche e rendita che tentano di vincere definitivamente la partita, con ogni mezzo. Quindi, potremmo concludere, la contrattazione sociale vive sulle barricate e nella rivolta, non nell’emendare in qualche modo il devastante incedere della rendita.

La realtà ci suggerisce di ricalibrare il lavoro sui territori per riuscire a rappresentare nuovamente una minaccia sociale credibile ed effettiva, come è accaduto nel 2013. La battaglia sul piano casa deve mettere in evidenza il carattere punitivo del provvedimento e l’iniziativa da prendere deve riuscire a rappresentare la rabbia di chi viene colpito assumendoci la responsabilità del contrasto, così come è accaduto anche per Expo. I territori devono essere avamposti di politicità e devono mettere a valore la “povertà” dentro un’ipotesi di conflitto, nella piena consapevolezza che può divenire un’arma formidabile.

Rispetto a nuovi appuntamenti e approfondimenti, si è deciso che dopo le manifestazioni di sabato scorso a Bergamo e Firenze, e dopo la notizia dell’occupazione ad Alessandria di 3 palazzine arrivata in piena assemblea!, ci sia un crescendo di mobilitazioni nei prossimi giorni, convergendo in una giornata dislocata nazionale nell’ultimo fine settimana di maggio, che vede già un corteo il 30 maggio a Roma nord, dove gli abitanti delle case popolari del Bronx di Torrevecchia sono alle prese con l’art 3 del piano casa e la resistenza agli sgomberi dei senza titolo. Una spallata decisa che metta al centro il “piano casa” nella sua interezza.

Per il mese di giugno invece va definita la data di un nuovo incontro nazionale di verifica delle iniziative in costruzione, in relazione con le mobilitazioni contro Ombrina e lo Sblocca-Italia, verso l’appuntamento di luglio in Valle, dove immaginare una sorta di dalla Valle alla metropoli 2.

Buona lotta!

Abitare nella Crisi