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Non vogliamo più mettere a repentaglio le nostre vite

Nella foto - Laboratorio Sociale Alessandria

In questo momento di ripartenza, molti movimenti per la giustizia climatica ed ambientale chiedono di non privilegiare le stesse logiche che hanno guidato fino ad ora le scelte economico-industriali del nostro Paese, logiche che non hanno mai preso in considerazione l’impatto negativo sull’ambiente e sulla salute dei cittadini.

A ricordarci i danni che alcune pratiche industriali hanno prodotto sul nostro territorio è arrivata la sentenza della Corte di Cassazione – le cui motivazioni sono state depositate da pochi giorni – nel caso Ausimont-Solvay noto come “caso cromo VI”.
Nelle motivazioni viene confermato che sia Ausimont sia Solvay, pur consapevoli dell’inquinamento pregresso, hanno continuato ad operare senza bonificare e – ancor più colpevolmente – senza smettere di sversare sostanze tossiche sul territorio. Pertanto, sono pienamente responsabili di un inquinamento devastante e per tale ragione, come il D.L. n. 152/2006 prevede, devono essere i soggetti che si occuperanno di risanare l’area inquinata.
Solvay dichiara di aver avviato un piano di bonifica che verrà portato a termine nel 2029. E’ una falsità! In realtà, quello concordato con le amministrazioni pubbliche è il c.d. “M.I.S.O”- acronimo di Messa In Sicurezza Operativa -, ossia un piano che prevede esclusivamente la riduzione degli inquinanti che ad oggi continuano a fuoriuscire dal sito produttivo, ma solo nella misura in cui tale provvedimento non comporti riduzioni o sospensioni della produzione. Appare chiaro, oggi più che mai, che la messa in sicurezza non può considerarsi una soluzione sufficiente né per porre rimedio al disastro ambientale che l’azienda ha già prodotto né, tantomeno, per quello che sta continuando ad arrecare.

Sulla scorta delle evidenze e delle responsabilità (anche penali) emerse in ben tre gradi di giudizio, ribadiamo che non abbiamo più intenzione di restare a guardare in silenzio.
Da troppo tempo, in nome del profitto e facendo leva sul ricatto occupazionale, Solvay violenta il nostro territorio e mette a repentaglio la vita di tutt* noi.

Ricordiamo, infine, che Solvay è un Sito c.d. “Seveso” a GRAVE RISCHIO DI INCIDENTE RILEVANTE, che può
colpire una zona abitata da circa 20.000 persone con conseguenze letali, oltre ad essere anacronisticamente inserito all’interno del centro abitato di Spinetta Marengo.

In conclusione, non vogliamo più mettere a repentaglio le nostre vite né essere costretti/e a scegliere tra salute e lavoro, ed è per questo motivo che PRETENDIAMO:
– la BONIFICA INTEGRALE dell’area inquinata attraverso un piano articolato che non si limiti alla “Messa in sicurezza operativa” dello stabilimento e la SOSPENSIONE DELLA PRODUZIONE, indispensabile per la bonifica;
– lo STOP ALLE EMISSIONI di sostanze tossiche e climalteranti e la RICONVERSIONE ECOLOGICA dell’intero impianto produttivo, sì da consentire la bonifica e salvaguardare i posti di lavoro;
– il DINIEGO DA PARTE DELLA PROVINCIA DELLA RICHIESTA DI AMPLIAMENTO DELLA PRODUZIONE DI C6O4, composto di cui è stata evidenziata l’elevata tossicità e già rinvenuto da ARPA nelle acque superficiali della Bormida, a valle degli scarichi del depuratore Solvay (con deflusso in Tanaro fino al PO) ;
– uno SCREENING GRATUITO PER TUTTA LA POPOLAZIONE residente nella Fraschetta, al fine di misurare il livello di composti perfluorurati nel plasma.

Pretendiamo, infine, che tutte le amministrazioni pubbliche facciano la loro parte, perché hanno il dovere di salvaguardare la salute di tutti e tutte.

SOLVAY INQUINA, IL SILENZIO UCCIDE!

Comitato Stop Solvay