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La storia di Sezzadio: un “paese combattente” per la difesa dell’acqua

Nella foto - Laboratorio Sociale Alessandria

di Ilaria Leccardi tratto da cenerentola.info

Dal profondo della terra per guardare al futuro: la storia di Sezzadio

Campi agricoli a perdita d’occhio. Cascine. L’aria che si respira ancora pura. E una riserva limpida che scorre a oltre cento metri di profondità. Acqua patrimonio comune, acqua da mantenere viva. Con questo tesoro, con l’acqua, non si scherza. È questo uno dei motti della battaglia che da ormai sei anni il paesino di Sezzadio, 1.200 abitanti, a pochi chilometri da Alessandria, porta avanti per tutelare le risorse idriche che giacciono sotto il suo territorio. Un polmone definito riserva strategica dalla Regione Piemonte nel suo Piano Tutela Acque, che potrebbe arrivare a coprire le esigenze di un territorio di 250mila persone e attualmente disseta circa 50mila abitanti di una zona che comprende tra gli altri centri abitati anche Acqui Terme, celebre meta turistica dell’area.

Un polmone d’acqua purissima, una riserva che giace in una falda a oltre cento metri di profondità e che arriva alle popolazioni grazie al cosiddetto “tubone”, una sorta di autostrada dell’acqua costruita negli anni passati, in seguito a una grave emergenza siccità. Un patrimonio da tutelare, anche a fronte della crisi idrica che ha investito la zona la scorsa estate, ma su cui incombe la costruzione di una discarica da 20 ettari. Un progetto contro cui i sindaci del territorio e i comitati di base si stanno battendo ormai dal 2012, mettendo i bastoni tra le ruote all’avvio delle attività di conferimento e promettendo nuove battaglie per l’anno da poco iniziato in attesa della nuova conferenza di servizi sulla vicenda.

Tutto iniziò proprio da una conferenza di servizi, convocata nel 2012, per dare il via alla costruzione di una maxi discarica in una cava in località cascina Borio, venduta dalla proprietà AllaraBalbo alla ditta Riccoboni di Parma, multinazionale della gestione dei rifiuti. Il sindaco di allora, Pier Luigi Arnera, diede parere favorevole, senza aver prima consultato il resto del consiglio comunale. Ma soprattutto senza darne notizia alcuna alla popolazione che, appena venuta a conoscenza dei fatti, quasi in maniera casuale, si mobilitò per bloccare il progetto.

Presto iniziò la battaglia, con la nascita del comitato Sezzadio Ambiente e la costituzione, qualche anno dopo, di una convenzione di sindaci locali voluta fortemente e promossa tra gli altri da Enzo Daniele presidente del comitato stesso, dopo la caduta dell’amministrazione guidata da Arnera. Una convenzione che nel tempo si è allargata fino a comprendere 27 comuni. La vicenda ha affrontato diversi step. Prima di tutto quelli legali, con i ricorsi al Tar (attualmente quattro quelli pendenti), per arrivare fino al Consiglio di Stato. Poi quelli più popolari, come i presidi in occasione di ogni nuova conferenza di servizi per l’approvazione del piano, una delle quali venne anche occupata, e le manifestazioni sul territorio (tre negli ultimi tre anni, due delle quali nel capoluogo di provincia Alessandria, con tanto di trattori degli agricoltori a occupare il centro cittadino). Tutto per dire no a una discarica dalle dimensioni enormi (1,7 milioni di metri cubi) che dovrebbe sorgere proprio sul punto principale di ricarica della falda. Obiettivo di un’azienda che non ha trovato ostacoli dal punto di vista istituzionale nella Provincia guidata fino a pochi mesi fa dalla sindaca della stessa Alessandria, Rita Rossa (Partito Democratico). Proprio contro Rossa e le decisioni prese dalla Provincia in questi ultimi anni si sono scatenate le proteste dei comitati.

La discarica – spiega Pier Giorgio Camerin, una delle anime di Sezzadio Ambiente – dovrebbe contenere rifiuti non pericolosi, ma sappiamo che all’interno può esserci di tutto. Garanzie sulla salvaguardia dell’ambiente non ce ne sono arrivate. I sindaci contrari al progetto continuano ad aumentare e rappresentano il disagio di un territorio, la Valle Bormida, che viene da 117 anni di inquinamento dell’Acna di Cengio. Stiamo ancora contando i morti, c’è chi aspetta ancora i risarcimenti, mentre dall’altra parte c’è chi è già pronto a rischiare nuovamente sulla nostra pelle. Ecco perché ad ogni assemblea convocata, anche nelle realtà più piccole, la partecipazione è sempre stata notevole”.

Il punto di svolta della vicenda arriva nel 2014 quando venne respinta la domanda della Riccoboni nel corso di una conferenza di servizi con un diniego da parte della Provincia che ai più critici è sembrato solo un modo per togliere la patata bollente in un momento in cui si avvicinavano le elezioni regionali. L’azienda poco dopo presenta ricorso al Tar che nel giro di quindici giorni, e senza avvalersi di tecnici, ribalta la decisione e dà parere positivo, sostenendo che il progetto non avrebbe creato nessun problema alla falda acquifera.

A fronte della sentenza, la Provincia non muove ulteriori passi, se non quello di accettare il verdetto e dare il proprio via libera al progetto, nonostante fosse proprio sua la decisione rovesciata dal Tar. Ed è a questo punto che il Comune di Sezzadio, sostenuto dai comitati e dalla convenzione di sindaci, si muove con un ricorso al Consiglio di Stato contro la stessa sentenza Tar del Piemonte che ha di fatto cancellato il parere negativo della Provincia al progetto di discarica.

L’autorizzazione della Provincia ad andare avanti con il progetto prevedeva che i lavori per la discarica potessero iniziare se l’azienda avesse preparato un progetto per la costruzione di una tangenziale che evitasse il passaggio dei camion carichi di rifiuti in paese. Ma i conferimenti sarebbero potuti partire (con il passaggio di 16 camion al giorno) non nel momento in cui la tangenziale fosse stata costruita, bensì quando ne sarebbe stato approvato il progetto. È per questo che i comitati e i Comuni hanno deciso di andare all’attacco con una serie di ricorsi ed azioni proprio contro la tangenziale, per bloccare il progetto discarica la cui approvazione sembra ormai irrevocabile. Uno di questi (la richiesta alla Regione di applicare l’art. 9 bis della Legge 56/77 che blocca ogni opera in costruzione o in progetto in zone alluvionate) è arrivato dopo l’esondazione del fiume Bormida del novembre 2016. Su questo punto, tuttavia, nonostante il grave episodio, la Regione ha decretato che non ci sarebbero rischi alluvione e che pertanto la tangenziale potrà essere costruita secondo il tracciato definito. Ma la battaglia sulla tangenziale non è terminata. Mentre si attende il pronunciamento del Tar sul ricorso contro il progetto presentato dagli agricoltori proprietari dei terreni da espropriare, per il 15 febbraio è stata convocata la conferenza di servizi con oggetto proprio la nuova strada da costruire.

Se possibile, la situazione è diventata ancora più critica dopo l’approvazione del nuovo piano cave per il cosiddetto Terzo Valico, la linea ferroviaria alta velocità Milano-Genova. Secondo quanto approvato infatti l’estate scorsa dalla Regione Piemonte, tra i siti primari in cui dovrebbe venir depositato lo smarino (in parte del quale è stata individuata presenza di amianto) c’è anche Sezzadio. Si tratta della Cascina Opera Pia 2, adiacente a Cascina Borio. “Siamo proprio sopra al maggior punto di ricarica della falda e qui si aggiunge il problema amianto. Ecco perché anche su questo punto abbiamo presentato un ricorso molto tecnico come comitati, assieme ai Comuni di Acqui Terme e Strevi, avvalendoci della relazione di un geologo. Anche qui siamo in attesa della decisione”, spiega Camerin.

La storia del piccolo paese combattente e dell’intera Valle Bormida, oltre che creare comunità sul territorio, ha fatto scuola. Prendendo ispirazione dalla convenzione dei sindaci locali, a dicembre scorso è nata una convenzione simile tra 12 Comuni delle province di Vercelli e Biella, mirata alla tutela del territorio e delle risorse idriche e ambientali. Con Tronzano Vercellese capofila, la convenzione punta a difendere un territorio su cui, da metà anni Ottanta a oggi, sono sorte diverse discariche che hanno accumulato negli anni milioni di metri cubi di rifiuti. Un territorio che sorge su un’area di ricarica di falda e dove sono già state accertate perdite di percolato dalle pareti di almeno una discarica. “La convenzione – spiega Andrea Chemello, sindaco di Tronzano Vercellese – punta a creare una sorta di mutuo soccorso e stabilire dei principi in cui i Comuni si riconoscano”. Il documento costitutivo detta delle linee guida per lavorare verso un incremento della raccolta differenziata e adottare comportamenti che tutelino l’ambiente. E in un punto precisa la “ferma opposizione all’attivazione” nelle zone di ricarica degli acquiferi individuate dalla Regione Piemonte “di nuovi impianti per lo smaltimento dei rifiuti e/o l’ampliamento di quelli esistenti, di attività a rischio di incidente rilevante e di usi del territorio che potrebbero compromettere le risorse idriche strategiche per l’impiego idropotabile e/o causare contaminazione”.

Noi – conclude Camerin – siamo intenzionati in ogni modo e in ogni tempo a proseguire l’opposizione contro quest’opera a Sezzadio, che pensiamo sia pericolosa, tanto più che ci lasciamo alle spalle un periodo di siccità”. “La scorsa estate – fa eco Maurizio Daniele, che segue dalla prima ora la battaglia contro la discarica e oggi guida il Comitato Agricoltori – abbiamo avuto una decina di paesi che venivano ad approvvigionarsi a Sezzadio. In questa zona anche la falda più superficiale è ancora buona. Viviamo in un territorio che negli anni non ha conosciuto uno sviluppo industriale, ma è rimasto legato fortemente all’agricoltura. È una delle ultime zone ancora pulite della provincia. Quello che scorre sotto di noi è il vero polmone d’acqua dell’Alessandrino, sono le nostre riserve future. E non possiamo permetterci di distruggerle”.