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28 Settembre Non una di Meno in piazza per il diritto all’aborto

Nella foto - Laboratorio Sociale Alessandria

 

Giovedì 28 settembre, nella data che dal 1990 circa 1800 associazioni in 115 Paesi chiedono venga riconosciuta come Giornata per il diritto all’aborto legale e sicuro, Non Una di Meno tornerà ad attraversare le strade e le piazze di diverse città, in Italia e nel Mondo.

Nelle ultime settimane, a causa dei tragici fatti di cronaca che hanno acceso l’opinione pubblica e che hanno visto le donne vittime ancora una volta di violenze, abusi e femminicidi, ci siamo sentite dire che un po’ è colpa nostra, ci hanno spiegato che ci sono situazioni in cui dobbiamo avere paura, hanno cercato di indirizzare la nostra indignazione nel verso che faceva loro più comodo.

Il 28 settembre, anche ad Alessandria, saremo ancora marea, rifiutando ogni tipo di strumentalizzazione della violenza sulle donne e con la precisa intenzione di ribadire che possiamo e vogliamo riappropriarci delle strade senza l’applicazione di politiche securitarie che ci vorrebbero fuori di casa solo sotto l’occhio vigile e “paterno” di qualcuno.

Torneremo in piazza perchè la violenza di genere non è una questione privata, ma una questione pubblica e culturale che si manifesta nelle più svariate forme.

La violenza che le donne subiscono per strada, tra le mura domestiche, sui luoghi di lavoro non è diversa da quella che le limita nella loro libertà di scelta. Anche quando si tratta di scegliere se essere o non essere madri.

In Italia il diritto delle donne a interrompere volontariamente la gravidanza, entro i 90 giorni, è garantito dall’articolo 4 delle legge 194 dal 1978. A distanza di quasi 40 anni dalla sua approvazione ci troviamo nella condizione di non poter dare per scontato quel diritto.

Negli ospedali di questo Paese, oltre il 70% dei ginecologi e delle ginecologhe è obiettore di coscienza (Fonte: Ministero della Salute), senza contare la percentuale di infermieri e anestesisti che rifiutano di praticare l’IVG. In sostanza, il sistema sanitario pubblico non è in grado di garantire il servizio, senza costringere la donna che ne fa richiesta ad un assurdo pellegrinaggio da una struttura all’altra alla ricerca di un medico non obiettore che, per altro, ha deliberatamente scelto la sua professione consapevole di ciò che comportava. O forse no? In effetti, va detto che le università italiane non obbligano i futuri medici a frequentare le lezioni in cui viene insegnata la procedura per l’IVG e che dichiararsi non obiettore rappresenta spesso un ostacolo alla carriera.

Secondo lo Stato, però, “non emergono criticità nel servizio di IVG” anche perchè le richieste sarebbero in calo. Peccato che non sia possibile verificare e confermare questo dato dal momento che il numero delle richieste non viene registrato.

Il Ministero della Salute, inoltre, non tiene conto dell’impressionante numero di donne che si sottopongono all’aborto clandestino mettendo seriamente in pericolo la propria salute quando non la vita stessa. Quelle costrette a ricorrere a cure mediche in seguito ad un aborto non legale rischiano di essere condannate a pagare da un minimo di 5mila ad un massimo di 10mila euro di multa.

Crediamo che le sanzioni non siano certo la strada da percorrere per ridurre significativamente il numero di aborti clandestini. Chiediamo, piuttosto, reale accessibilità all’aborto farmacologico (Ru486) la cui percentuale di utilizzo in Italia (15%) è la più bassa d’Europa.

Se l’obiettivo è la tutela del diritto alla salute delle donne non possiamo che rifiutare qualsiasi misura punitiva e pretendere prevenzione, educazione sessuale nelle scuole, gratuità dei metodi contraccettivi e ampliamento della rete dei consultori intesi come spazi aperti e di confronto.

Non vogliamo più ascoltare storie di donne umiliate e colpevolizzate sulla base delle loro scelte.

Non siamo più disposte ad accettare che l’obiezione di coscienza limiti la piena attuazione della legge 194.

Non chiuderemo mai più gli occhi di fronte ai comportamenti irrispettosi e violenti che le donne subiscono all’interno delle strutture ospedaliere e che, secondo la stessa Organizzazione Mondiale della Sanità, violano «il diritto delle donne ad un’assistenza sanitaria rispettosa e minacciano il loro diritto alla vita, alla salute, all’integrità fisica e alla libertà da ogni forma di discriminazione.”

Non abbiamo intenzione di stare a guardare le nuove generazioni crescere in un Paese in cui il sesso e l’aborto siano ancora argomenti tabù.

 

Per questo invitiamo tutte e tutti a partecipare al presidio in Piazzetta della Lega ad Alessandria, giovedì 28 settembre a partire dalle 18.

 

Sarà un’altra tappa del percorso che, iniziato meno di un anno fa, ha già portato Non Una di Meno a condividere importanti momenti con i cittadini e le cittadine della provincia: le assemblee pubbliche, la grande manifestazione dell’8 marzo, la raccolta firme in favore del Centro Antiviolenza Me.dea, l’unico della nostra provincia.

Giovedì trasformeremo ancora il cuore della città in uno spazio di discussione, informazione e confronto. Saremo ancora, tutte e tutti, protagonisti del cambiamento che crediamo possibile!

 

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