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Non Una di Meno – Assemblea pubblica verso lo sciopero delle donne dell’8 Marzo

Nella foto - Laboratorio Sociale Alessandria

Il 26 novembre 2016 centinaia di migliaia di donne provenienti da tutta Italia hanno attraversato Roma al grido di “Non una di meno”, trasformando la condizione di violenza e ingiustizia che ogni donna subisce quotidianamente in una marea autorganizzata e determinata a stravolgere i rapporti di potere che impongono le discriminazioni e le diseguaglianze di genere.

I dati sulla violenza maschile sulle donne sono inquietanti: una donna su tre ha subito violenza fisica, psicologica o sessuale. Ogni anno in Italia si commettono in media 100 femminicidi, una vera e propria guerra alle donne che nella maggior parte dei casi si consuma tra le mura domestiche ad opera di conoscenti, amici, compagni e famigliari. La violenza sulle donne non è un fenomeno emergenziale ma strutturale e trasversale all’estrazione sociale e all’appartenenza politica, culturale e religiosa, supera i confini geografici e per questo non può essere ricondotto ad un mero problema di ordine pubblico, come vorrebbero molti razzisti. Sì, perché a parole la condanna della violenza maschile sulle donne è bipartisan, ma poi tollerata dai più nei fatti ed in alcuni casi anche alimentata.

La violenza sessuale e fisica è solo la punta dell’iceberg della violenza che noi donne viviamo ogni giorno. La violenza delle battute sessiste tra gli amici, sul posto di lavoro e in famiglia; la violenza di avere una busta paga sempre e comunque più bassa; la violenza di chi ti vorrebbe a casa con i figli perchè “il tuo posto è quello”; la violenza della prima domanda ad un qualsiasi colloquio di lavoro “hai figli?”; la violenza di un obiettore di coscienza che ti spiega che avere figli è un obbligo a cui non puoi sottrarti; la violenza del partner che pensa che tu sia una sua proprietà e si sente in diritto di controllare i tuoi movimenti e le tue scelte; la violenza del giudizio per il tuo modo di vestire o per le tue scelte sessuali; la violenza della politica istituzionale che strumentalizza le questioni di genere a scopi elettorali e pubblicitari e allo stesso tempo taglia i fondi ai centri antiviolenza dislocati sui territori (quello di Alessandria, Me.Dea, si trova oggi nella condizione di dover chiudere proprio per la mancanza di finanziamenti); la violenza dei media che costruiscono una narrazione stereotipata e distante dalla vita vera, trasformandoci una volta in vittime impotenti e una volta in “poco di buono che se la sono cercata”, vendendo i nostri corpi come pezzi di carne, oggetti sessuali che soddisfino il piacere maschile, calando giudizi sulla nostra integrità morale e sull’accettabilità sociale dei nostri comportamenti.

La violenza riguarda tutt* noi e attraversa ogni aspetto del vivere sociale, controlla e addomestica i corpi e le vite delle donne, spesso senza che neanche ce ne si renda conto. Quello che serve è un cambiamento culturale radicale che parta dalla formazione, dalla scuola, dal linguaggio, dai fondi ai centri antiviolenza, dalla costruzione di reti di solidarietà tra donne che sappiano affermare che nessuna è sola e che se toccano una toccano tutte, perchè non possiamo considerarci libere se non sono libere tutte.

Adesso basta! è il grido che si alza nelle piazze di migliaia di città nel mondo.
In Polonia, in Argentina, in Spagna e in molti altri Paesi gli scioperi e le proteste delle donne che si ribellano alla violenza e al femminicidio e lottano per l’autodeterminazione hanno paralizzato intere economie, mostrando la potenza di aggregazione e trasformazione sociale che i movimenti antisessisti sono in grado di riprodurre. I corpi delle donne invadono le strade, costruiscono ponti e narrazioni comuni da una parte all’altra del mondo. La mobilitazione dilaga ben al di là dei confini nazionali e porta alla ribalta la potenza politica delle donne.

In più parti del mondo le donne hanno deciso di riprendersi la propria dignità e di scendere in piazza per scardinare la cultura dominante maschilista, macista, lesbofobica, razzista e transfobica.

Il percorso “Non una di meno” ha accolto la proposta delle donne argentine di costruire uno sciopero globale delle donne per il prossimo 8 marzo, una giornata di sciopero dei generi e dai generi che attraverserà più di venti Paesi nel mondo per ribadire con forza che “se le nostre vite non valgono, allora noi non produciamo!”. Inoltre, a partire dai tavoli di discussione avviati il 27 Novembre (i prossimi sono previsti per le giornate del 4 e 5 Febbraio a Bologna), si sta elaborando un Piano Femminista Contro la Violenza che diventerà la piattaforma su cui costruire la giornata dell’8 Marzo e il punto di partenza per dare vita e forma ad un processo di cambiamento reale e dal basso della condizione e dei diritti delle donne.

Anche ad Alessandria, seppur con il classico ritardo che caratterizza spesso le realtà di provincia, qualcosa sta iniziando a muoversi e va affermandosi la consapevolezza di dover affrontare con determinazione e protagonismo la giornata dell’8 Marzo. Invitiamo quindi tutte e tutti a partecipare all’assemblea pubblica che si terrà Sabato 4 Febbraio alle ore 17.30 alla Taglieria del Pelo (Circoscrizione Pista) in Via XX Settembre per incontrarci e discutere insieme i prossimi passi.

Dovremo essere tant*, ribelli, creativ* e determinat*

Non una di meno Alessandria

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