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Per il Tar Cociv ha sempre ragione

Nella foto - Laboratorio Sociale Alessandria

E’ di ieri la notizia che il TAR Liguria ha “stranamente” dato ragione a COCIV nel ricorso relativo alla “metodologia seguita dall’Arpal per la raccolta, il trattamento e l’analisi dei campioni del materiale che Cociv aveva conferito nella cava Castellaro“.
Poco importa se il TAR, con la frase “Non è tuttavia delineata con compiutezza l’incidenza che il protocollo spiega sulle modalità di raccolta dei campioni di terriccio da esaminare” di fatto conferma quanto sempre affermato dal movimento NoTAV, ovvero che il protocollo amianto è una bufala per dare false rassicurazioni alle popolazioni.
La vera preoccupazione è che il TAR, guardansosi bene dall’entrare nel merito del problema ovvero la presenza di amianto, si aggrappa a quelli che appaiono cavilli per affermare un principio: COCIV ha sempre ragione, perchè qualche legge che lo tutela esiste sempre.
Nella fattispecie il TAR arriva ad affermare che “Non è noto al collegio se la diversità delle procedure previste in argomento possa condurre a risultati differenti sui campioni esaminati, così come opina parte ricorrente, restando il fatto che la fase di ricerca e caratterizzazione dei materiali è stata compiuta sulla base di una normativa inapplicabile“.
In sostanza afferma che la normativa da applicare per la caratterizzazione deve essere il DM 161/2012 (Ministero dell’Ambiente) e non quello del Ministero della Sanità del 6/9/1994; senza entrare nel dettaglio, è evidente che a prescindere dalla correttezza della normativa applicata, con le metodologie del 1994,  più scrupolose e precise anche a detta di ARPAL, è emersa a Cravasco una concentrazione di amianto pari a 1.7 g/Kg, che è vietata pure dalle tabelle del dm 161/2012.
La domanda è: se a seguito dell’applicazione della normativa più recente la presenza di amianto non fosse emersa, questo significherebbe che l’amianto non è presente o che non è stato trovato? Perchè è questo che ci si deve chiedere quando il TAR decide di demandare “all’agenzia un eventuale ed ulteriore controllo sulle terre repertate nella cava Castellaro
Si provi ad immaginare cosa comporterebbe sui costi dell’opera poter dire che non c’è amianto, dove guardando bene in realtà c’è, e quali sarebbero le conseguenze sulla salute.
Tonnellate di rocce contenenti amianto che girerebbero indisturbate, perché grazie a una normativa evidentemente poco garantista hanno “superato” i controlli.
Da quel momento sono considerati “roccia buona” per un rimodellamento morfologico o per essere utilizzata per la produzione di inerti, attività che rompono la roccia e creano polveri sparse dal vento, che potrebbero contenere quantitativi eccessivi di fibre che nessuno penserà di monitorare, perché la normativa del ministero dell’ambiente “supera” quella del ministero della salute. Poco importa se, una volta scavato, il materiale viene riutilizzato e sottoposto a lavorazioni che lo farebbero ricadere nella normativa del 1994.
E così, dopo avere respirato per anni le fibre di amianto contenute nelle polveri generatesi dalla successiva frantumazione delle rocce, su quel rimodellamento morfologico fatto con rocce amiantifere potrebbe sorgere un giorno una scuola costruita con cemento impastato a sua volta con l’amianto, e in quei luoghi si recheranno per anni i nostri figli, i nostri nipoti ma anche i vostri figli e i vostri nipoti, cari si TAV.

Per approfondire si può leggere l’articolo su Repubblica e la sentenza del TAR