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Terzo Valico: un’analisi tutta da rifare

Nella foto - Laboratorio Sociale Alessandria

Dopo il nostro articolo sull’analisi costi – benefici del Terzo Valico arriva quello certamente più autorevole dei professori Marco Ponti e Francesco Ramella. Come potrete leggere le loro conclusioni sono del tutto simili alle nostre. L’ennesima dimostrazione dell’inutilità del Terzo Valico.

da lavoce.info

di Marco Ponti e Francesco Ramella

L’analisi costi benefici del “terzo valico” risale al 2002 e finora non era stata resa pubblica. Ora appare datata e basata su previsioni di traffico che col tempo si sono dimostrate largamente esagerate. Sarebbe il caso di rifarla, magari utilizzando anche una metodologia più corretta.

Infrastrutture utili e inutili

“Non esistono infrastrutture né grandi né piccole, ma infrastrutture che sono utili quando sono utili alla comunità”: così si è espresso il neoministro delle Infrastrutture e dei trasporti, Graziano Delrio. Giusto: la “scala” di un progetto non può, evidentemente, essere di per sé un elemento per giudicare apriori l’opportunità della sua realizzazione. Ma proprio la dimensione del suo costo raccomanderebbe il massimo rigore negli studi preliminari. Su lavoce.info si è più volte sottolineata l’indisponibilità di analisi ufficiali che permettessero di esprimere una valutazione in merito alla utilità, assoluta e relativa, delle cosiddette “grandi opere”.
Nelle scorse settimane alcuni parlamentari hanno ottenuto la pubblicazione dell’analisi del cosiddetto “terzo valico”, della linea Tortona-Genova redatta nel 2002 (e nella quale si ipotizzava la messa in esercizio nel 2013).
La lettura del documento porta a conclusioni più severe di quelle già espresse per il tunnel del Brennero, che presenta traffici molto superiori. Non trovano riscontro nella realtà né le previsioni di crescita del traffico e neppure l’orizzonte temporale di saturazione delle infrastrutture esistenti; appaiono altresì non correttamente stimate le ricadute che si conseguirebbero con la realizzazione dell’opera, in particolare per quanto riguarda i traffici di merci ai quali sarebbe correlato oltre l’80 per cento dei benefici complessivi.
Appare stupefacente che tale analisi, comunque datata, non sia mai stata resa pubblica.

Il diavolo sta nei dettagli

 In quella analisi era prevista la saturazione delle due linee esistenti all’orizzonte temporale dell’anno 2010, con un traffico complessivo pari a 165 treni merci al giorno. In base ai dati resi disponibili da Eurostat, il numero di convogli effettivo registrato nel 2010 è risultato pari a 62. La condizione di saturazione non è dunque verificata. Sulla base della stima riportata nell’analisi – a parità di numero di treni passeggeri circolanti – sarebbe possibile l’inoltro aggiuntivo di circa 100 treni merci/giorno, ossia il quantitativo di merci che potrebbe essere inoltrato a infrastruttura invariata è pari a quasi tre volte quello attuale.
Era previsto che nel 2014 (primo anno di esercizio continuativo della linea) il traffico merci aumentasse da 5,8 a 21,8 milioni di tonnellate-km con una crescita del 282 per cento. Si assumeva che tutto il traffico aggiuntivo, sottratto alla modalità stradale, si effettuasse su una distanza media di 500 km.
Il metodo di stima appare incongruo rispetto a quanto previsto dalla metodologia consolidata. In particolare, si evidenzia che: a) attualmente solo piccole quote del traffico che insiste sulla direttrice Genova-Milano coprono tale distanza. La maggior parte dei flussi ha origine/destinazione in Lombardia/Piemonte/Emilia Romagna mentre sono molto modesti quelli su distanze di 500 km o superiori (ad esempio le relazioni Genova-Berna, Genova-Trieste o Genova-Roma); b) la riduzione della somma del costo operativo e del valore del tempo (“costo generalizzato”) che si conseguirebbe grazie al progetto su relazioni di 500 km può essere stimata in prima approssimazione inferiore al 10 per cento; c) anche nella più favorevole delle ipotesi, l’incremento di traffico non supererebbe il 20-30 per cento.
Tra il 2014 e il 2022 era poi prevista una crescita annua dei flussi pari al 5 per cento; come termine di paragone si cita la crescita annua delle merci movimentate nel porto di Genova tra il 1990 e il 2006 (escluso quindi il periodo attuale di recessione), pari all’1,6 per cento annuo.
Per quanto riguarda la stima dei costi ambientali, viene assunto per il modo stradale un valore pari a 8,8 centesimi di euro/tonnellata-km. Ora, in base a più recenti stime basate su parametri europei, il costo esterno ambientale di un camion (a standard Euro 3) è valutato pari a 19 centesimi di euro/veicolo-km in ambito autostradale. Ipotizzando un carico medio di 12 t/ veicolo si determina un costo esterno ambientale pari a 1,65 centesimi di euro/tonnellata-km in ambito autostradale; per una movimentazione di merce su una distanza di 500 km, si possono trascurare i più elevati costi esterni all’origine/destinazione in ambito urbano.
In valore assoluto la stima dei benefici economici per il primo anno di esercizio completo è pari a 278 milioni mentre quelli “esterni ambientali” ammonterebbero a 364 milioni per un totale di 642 milioni di euro, ossia circa quindici volte superiore a quella che è stata recentemente da noi stimata con l’utilizzo della metodologia standard.

Prestigio burocratico e fallimento della politica

Alla luce degli elementi evidenziati fin qui, l’atteggiamento dei responsabili del ministero delle Infrastrutture che pochi mesi orsono hanno ribadito la correttezza dell’analisi svolta, fa tornare alla mente alcune parole di Henry Kissinger: “Quando un ragguardevole prestigio burocratico è stato investito in una politica è più facile vederla fallire che abbandonare”.