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Quelle spese folli nei trasporti

Nella foto - Laboratorio Sociale Alessandria

di Marco Ponti 09.10.2012 tratto da lavoce.info

Il settore trasporti fornisce una casistica esemplare dell’assoluta mancanza di responsabilità nell’uso delle risorse pubbliche, apparentemente impermeabile alla crisi delle finanze di enti locali e nazionali. A Pisa, una metropolitana leggera automatica in sopraelevata collegherà la stazione ferroviaria all’aeroporto: meno di un chilometro in linea d’area. A Susa, la nuova stazione per l’alta velocità è progettata da un’archistar giapponese, peccato che probabilmente resterà vuota. Il più oneroso, ma meno documentabile è il “terzo valico” tra Milano e Genova.

L’assoluta mancanza di responsabilità nell’uso delle risorse pubbliche trova nel settore dei trasporti una casistica esemplare, e apparentemente impermeabile alla crisi delle finanze di enti locali e nazionali. Si riportano qui tre casi, ma ve ne sono molti di analoghi, e in futuro, continueremo a documentare almeno quelli più estremi, anche su segnalazione dei lettori.

IL PEOPLE MOVER DI PISA

Il primo caso riguarda un progetto di people mover (una metropolitana leggera automatica) a Pisa.
Affidato di recente, dopo regolare gara, si tratta di un contratto in project financing, in cui viene assegnata in solido la costruzione e la gestione dell’opera per quaranta anni. Vediamone le straordinarie caratteristiche tecniche: l’opera è in sopraelevata, sul tracciato di una ferrovia esistente e funzionante, e collegherà l’aeroporto di Pisa alla stazione ferroviaria.
Il tracciato è lungo 1.780 metri, in quanto segue quello ferroviario, che non è diretto. Sembra che le ferrovie non abbiano più intenzione di fornire all’aeroporto treni diretti, probabilmente a causa della scarsa redditività del servizio.
In linea d’aria, aeroporto e stazione distano meno di mille metri. Il nuovo people mover servirà anche due nuovi parcheggi. Non sono note analisi costi-benefici dell’opera, ma solo gli aspetti finanziari. Costerà 78 milioni di euro di solo investimento. Il finanziamento avverrà tramite le tariffe dei passeggeri, un contributo pubblico a fondo perduto di 27 milioni di euro in conto capitale, e “fino a un massimo” di circa 800mila euro all’anno in conto esercizio (pari in quaranta anni a 32 milioni di euro), e la concessione di un parcheggio con relativi introiti, su terreni pubblici. La quota totale di risorse pubbliche sembra dunque del tutto dominante.
Un frequentissimo servizio di autobus ecologici, gratuiti e dedicati, potrebbe essere realizzato con il solo costo degli interessi previsti per quest’opera.

SUSA E LA STAZIONE DELL’ARCHISTAR

Il secondo esempio è la presentazione della nuova stazione per l’alta velocità a Susa, capoluogo dell’omonima valle, progettata dall’archistar giapponese Kengo Kuma. Dalle immagini rese pubbliche, sembra davvero un bel progetto. Il costo è previsto in 48.500.000 euro e non è noto il piano finanziario, il che fa ritenere, come del resto per l’intera linea Torino-Lione, che il tutto sia a carico delle finanze pubbliche.
Ma il problema non è questo: è che la nuova stazione per i treni passeggeri rischia concretamente di rimanere senza treni.
Vediamo perché: il progetto ufficiale originale della linea alta velocità Torino-Lione (da 23 miliardi di euro) prevedeva talmente pochi treni passeggeri al giorno (circa 14 a regime su 250 di capacità offerta), che l’obiettivo dell’intero progetto è stato ri-indirizzato sul traffico merci.
Poiché notoriamente le merci che viaggiano in treno non hanno fretta, la nuova versione low-cost del progetto costerà solo (si fa per dire) 8,5 miliardi di euro, e consisterà della sola galleria di base di 54 km, senza la velocizzazione a standard alta velocità delle tratte esterne alla galleria. Nessuno studio funzionale, economico o finanziario è disponibile sul nuovo progetto, ma è certo che le velocità complessive tra Torino e Lione saranno nettamente inferiori di quelle previste per la versione precedente, e saranno tali da togliere al treno ogni residua capacità di competere con l’aereo per il servizio passeggeri, se mai ne avesse avuta. Quindi, i treni prevedibili saranno in numero intermedio tra 14 e i treni attuali (quattro). Diciamo dieci treni, cinque per senso di marcia, di cui verosimilmente solo alcuni si fermeranno a Susa, dati i pochissimi passeggeri che può attrarre o generare un centro così piccolo. Dunque, meno di dieci treni giornalieri (diciamo uno ogni tre ore per direzione) sembrano un po’ pochi per giustificare una nuova e costosa stazione, che tra l’altro sembra dalle immagini disponibili più decentrata dall’abitato della stazione esistente, cioè assai meno comoda.
Certo, rimane l’ipotesi di rendere più frequenti i servizi ferroviari locali verso Torino. Ma finora non vi è traccia delle risorse necessarie, né risulta disponibile alcuna analisi della domanda che giustifichi le maggiori frequenze. L’impressione (certo non verificata) di molti tecnici, anche all’interno di Fs, è che la domanda aggiuntiva non esista, date le dimensioni demografiche complessive della valle.
L’opera sembra più che altro una “compensazione” a spese dei contribuenti per ammorbidire le resistenze locali al progetto della linea nota impropriamente come Tav. La nuova stazione infatti creerà posti di lavoro, appalti a imprese locali, e così via, anche se dovesse rimanere deserta. E nella totale assenza di un piano finanziario del progetto complessivo, vi è anche il rischio di vedere altre opere del genere lungo la Valsusa, dei risultati delle quali comunque nessuno risponderà.

MILANO-GENOVA AD ALTA VELOCITÀ

Il terzo caso, pur essendo di gran lunga il più oneroso, è paradossalmente il meno documentabile, e questo di per sé suscita perplessità rilevanti.
Si tratta della nuova linea alta velocità tra Milano e Genova, nota come “terzo valico”, termine che con involontaria ironia ricorda come esistano già due linee, certamente molto lontane dalla saturazione. Il costo previsto si aggira sui 6 miliardi, ma non è questo il punto.
Le informazioni sulla domanda prevista e sui costi e benefici sociali dell’opera, che consentano di valutarne la priorità rispetto ad altre, sono del tutto carenti, e questa purtroppo sembra essere una prassi consolidata in Italia.
La questione è strettamente finanziaria. Notoriamente per molto tempo è stato allo studio uno schema di project financing, per alleggerire tramite i ricavi da traffico l’onere per le esangui casse pubbliche.
Improvvisamente, pochi mesi fa, l’ipotesi di project financing sembra essere stata cancellata, e l’opera risulterà interamente a carico dello Stato. Cosa dedurre dalle scarse informazioni disponibili? O che il traffico previsto è troppo esiguo per dar luogo a ricavi che superino i puri costi di esercizio, o che il livello delle tariffe necessario a mantenere un minimo di traffico sulla linea è talmente basso da escludere che possa retribuire anche una ridotta quota dell’investimento, o  verosimilmente un mix delle due cose. Cioè la “disponibilità a pagare” complessiva degli utenti sembra molto bassa. Gli utenti sono viaggiatori con molta fretta (alta velocità), ma soprattutto merci, date le caratteristiche del progetto. Una “disponibilità a pagare” bassa non può essere disgiunta da una utilità percepita complessivamente bassa.
A queste considerazioni sembra opportuno aggiungere una dichiarazione pubblica di alcuni anni fa dell’amministratore delegato di Fs: a suo avviso, quella linea presentava scarsa utilità funzionale (dichiarazione per cui fu duramente ripreso sul Sole-24Ore da un ex-ministro dei Trasporti). Le perplessità sulla sensatezza e sulla priorità di quest’opera dovrebbero suscitare un’attenta riflessione, soprattutto tenendo conto dei vincoli finanziari pubblici e dell’urgenza di rilanciare l’occupazione, che per le grandi opere ha notoriamente tempi lunghi e numeri piccoli per ogni euro pubblico speso.